UN CONSIGLIO…COMUNALE – RUBRICA DI SOPRAVVIVENZA URBANA E DI CONSIGLI AL MANOVRATORE
di Franco Arcidiaco
Cari amici strilloni ormai é evidente: un problema è tale solo se ne parla Strill, un fatto è accaduto solo se lo strilliamo noi! Perdonatemi questo rigurgito di autoesaltazione, ma basta leggere i quotidiani di questi giorni per rendersene conto. Prendete la questione della Centrale a carbone di Saline, da quando è uscito il mio “Consiglio” sull’argomento
i giornali non hanno fatto altro che ospitare articoli ed opinioni “centrale sì, centrale no”; io ho ricevuto decine di telefonate e qualcuno, fraintendendomi, mi ha addirittura accusato di aver cambiato casacca: “Ti stai ‘ittandu a ‘ddestra puru tu, manch’i fissa!” Ho ricevuto anche una vibrante telefonata dal mio carissimo amico Nuccio Barillà che mi ha cazziato, accusandomi di fare di tutta l’erba un fascio per avere confuso il movimento ambientalista con quello dei Verdi. Chiedo perdono e mi cospargo il capo di cenere, in realtà quando parlavo di ambientalismo di maniera mi riferivo alla politica dei Verdi, come peraltro si poteva evincere dalle citazioni di Pecoraro Scanio e Chicco Testa, e non certo al movimento ambientalista tra le cui schiere (ed ai vertici nazionali) militano con impegno, competenza, onestà e dedizione, tanti cari amici e concittadini quali appunto Nuccio Barillà, Lidia Liotta, Tonino Perna e Alberto Ziparo. Il mio auspicio era ed è che, al più presto, persone competenti decidano, in via definitiva, quale deve essere la sorte dell’area industriale di Saline; in caso di pollice verso nei confronti della Centrale a carbone, deve essere dichiarata definitivamente chiusa la sciagurata e drammaticamente lunga parentesi dell’industrializzazione di quell’area e procedere all’immediata demolizione ed allo sgombero delle strutture esistenti. D’altronde solo dei folli, o degli affaristi senza scrupoli, possono pensare di destinare ad uso industriale tratti di costa tra i più belli del Mediterraneo, ma tant’è, e così ci ritroviamo con le OMECA insediate nell’area più bella dello Stretto di Messina, uno dei luoghi più affascinanti del mondo, con le industrie chimiche, mortalmente inquinanti, nella costa di Augusta e Siracusa, con la raffineria a Milazzo proprio di rimpetto alle Isole Eolie e l’elenco potrebbe continuare all’infinito. Quello che ci ostiniamo a non capire, e su questo voglio sollecitare gli amici ambientalisti, è che la nostra provincia è assolutamente la più disastrata tra tutte le pur disastrate province del Sud, e questo per un semplice motivo che è sotto gli occhi di tutti: IL PAESAGGIO DEVASTATO. Le miriadi di costruzioni non finite che sorgono dappertutto e deturpano coste e colline hanno irrimediabilmente frantumato il sogno dello sviluppo turistico. Ma chi volete che venga ad impiantare un Club Mediterranée, un Valtur, un Hilton od uno Sheraton nel bel mezzo di quelle bidonville alla cui stregua abbiamo ridotto le nostre città ed i nostri paesi? Vogliamo capire una volta per tutte che, come disse con lungimiranza anni addietro il giudice Roberto Pennisi, la ‘ndrangheta infettando di illegalità tutti gli strati della società ha fatto sì che i cittadini, vivendo in un contesto ambientale disastrato, perdessero definitivamente il senso del vivere civile? Monsignor GianCarlo Bregantini, che ha capito la nostra terra molto meglio di quanto non l’abbiano capita tutti i nostri politici messi assieme, ha scritto: “Il gusto del bello è la migliore forma di antimafia”. Ecco, noi il gusto del bello l’abbiamo definitivamente perduto, quindi le nostre speranze di sviluppo, almeno in direzione turistica, sono eguali a zero! Nei giorni scorsi si è tenuto a Copanello un convegno dei giovani industriali italiani, il tema era: “La bellezza salverà il Mezzogiorno?”. Il presidente dei Giovani industriali calabresi, l’editore Florindo Rubbettino è stato chiaro e diretto: “Nessuna società che si rispetti può rinunciare alla bellezza. Le nostre città tendono a diventare sempre più brutte. La politica non solo deve preservare, ma anche cercare il bello, educare al bello”; dello stesso avviso l’economista Massimo Lo Cicero: “Nel Mezzogiorno la bellezza è sciupata prima di essere colta” per finire con Santo Versace secondo cui: “Quello che ci manca è la bellezza della legalità”. Ed allora di cosa vogliamo parlare? Di vocazione turistica? Con questi presupposti lo sviluppo turistico rimarrà una mera illusione. Ci vorrebbe una rivoluzione, ma il tempo delle rivoluzioni, si sa, è definitivamente tramontato. Dulcis in fundo è arrivata la dichiarazione dell’ingegner Abolhassan Astaneh che, in una dichiarazione raccolta dall’amico e collega Enzo Tromba sulla “Gazzetta del Sud” , ha dichiarato (nell’ambito di Mercea 08): “I terremoti non uccidono le persone sono gli edifici costruiti male ad ucciderle”. E’ chiaro, quindi, che sotto ogni punto di vista il nostro vero problema sono le costruzioni o meglio il nostro modo di costruire, e pensare che nella nostra città sorge una delle più prestigiose facoltà di architettura ed urbanistica d’Europa, sarebbe veramente interessante capire come i docenti e gli studenti vivano il drammatico problema del territorio che li accoglie; non vorrei ora incappare nelle ire anche degli accademici reggini, ma non mi pare che da quelle parti siano pervenute mai concrete sollecitazioni alla risoluzione del problema, lancio pertanto questa provocazione: cosa propone l’Università di Reggio Calabria per fare uscire la nostra città e la nostra provincia dal degrado e portarle alla riconquista del Bello?
Franco Arcidiaco