di Grazia Candido (foto Gianni Siclari) – Si parla spesso di legalità e onestà due parole, nella quotidianità, in contrasto tra di loro ma fondamentali per un Paese che, ora più che mai, deve ripartire. E a spronare il pubblico del teatro “Francesco Cilea” a ricominciare a credere in una società migliore dove su tutto ha la meglio il buonsenso e l’integrità, è l’attore napoletano Biagio Izzo, protagonista ieri sera della commedia “Tartassati dalla tasse”, scritta e diretta da Eduardo Tartaglia.
Un appuntamento targato Officina dell’Arte, che consente al direttore artistico Peppe Piromalli di registrare un altro meritato sold-out.
Nei panni di Innocenzo Patanaro (per gli amici Enzuccio Patanè e con il soprannome O’ Brillantone), vedovo ancora piacente e padre innamorato follemente di sua figlia, il vulcanico Biagio è quell’uomo fattosi da sé, che da nipote e figlio di baccalaiuolo, si ritrova ora proprietario orgoglioso di un ristorante “nippo-napoletano” che, però, deve pagare tasse salatissime pur non avendo alcuna prenotazione. Si affida alla strategia di marketing suggerita dal simpatico cuoco giapponese Cazzumi Momoru, scelta infelice che insospettisce l’integerrimo maresciallo della Finanza, Gilberto La Scorza e che, insieme all’appuntato Messina, cerca di trasmettere all’imprenditore concetti di onestà e umanità.
Tra battute e applausi scroscianti, prende forma quel riscatto sociale di un uomo del Sud che si scontra con la necessità imprescindibile di rispettare le leggi per favorire il bene comune e non solo il proprio, ma anche, la triste vicenda di non riuscire a vivere tranquillamente con la propria figlia proprio a causa di incombenze che la società impone.
I continui equivoci rendono i confronti dei protagonisti esilaranti, grazie anche ai giochi di parole e all’abilità, tutta napoletana, di confondere i termini non conosciuti e reinventarli con risultati paradossali.
Izzo è incalzante, puntuale in scena, non sbaglia una battuta e poi, basterebbe solo la mimica e la sua teatralità a scatenare continue risate, come quando cerca di convincere la figlia che “la carta di credito va usata solo per calamità naturali” o quando sfodera il suo “sex appeal” con la moglie trascurata del maresciallo che tenta di far uscire il compagno dal “regno del dovere”.
Il pubblico è stregato da quella sana comicità che in un certo senso, ti accarezza l’anima e poi, apre la mente a chi ancora pensa che la donna sia secondaria all’uomo. In questa storia, infatti, fondamentale è il ruolo femminile ed è proprio la dolce figlia di Innocenzo ad insegnare al padre che “credersi perfetti” non vuol dire “essere perfetti” ed essere giustificati in tutto ciò che si fa.
“Io le tasse le pagherei ed anche volentieri se solo le cose funzionassero veramente – afferma Tarallo convocato alla Finanza -. Questa è una società fatta da finti bisogni, c’è chi nasce con la camicia e chi col senso di colpa. Io non posso pagare le tasse al commercialista se non guadagno e sì, ho evaso le tasse per offrire a mia figlia che non mi ha mai chiesto nulla, ciò che si può e, a volte, anche quello che non si può” .
Ma è la risposta del maresciallo a far capire ad Innocenzo che “il vero sacrificio che si fa per i figli è quello di restare uomini totalmente onesti, non quello di evadere le tasse per assicurare loro qualcosa in più di quel che possiamo permetterci”.
Una lezione che dovrebbe farci capire che, dopo il Covid19, la guerra, la povertà, forse, è arrivato il momento di comprendere che vivere è la cosa più rara al mondo e che proprio questa esistenza a tutti indistintamente, offre sempre una seconda possibilità e si chiama domani. E non va sprecata.