• Tabularasa 2014, il sogno di Gratteri: ”Un sistema giuridico italiano che funzioni” (FOTO)

    di Clara Varano – “Il mio sogno è quello di dare all’italia, una riforma della giustizia che sia in grado di funzionare”. Un sogno che per il momento non è stato realizzato e che resta comunque l’obiettivo fondamentale del primo ospite della V edizione di Tabularasa, il procuratore della Dda di Reggio Calabria, Nicola Gratteri. Sul palco de “La Luna Ribelle”, Gratteri si racconta, sollecitato da i due curatori della rassegna, Raffaele Mortelliti e Giusva Branca, tornando anche su argomenti che hanno creato confusione o aspettative nell’opinione pubblica. Si parla lungamente, infatti, della vicenda e della conseguente polemica relativa al piano di rientro contro la ‘ndrangheta ideato dal ministro dell’Interno Angelino Alfano. Secondo il magistrato il piano non solo sarebbe irrealizzabile, ma avrebbe illuso il territorio portando i calabresi a credere che tutto si “possa risolvere con 800 euro”. “Innanzitutto – ha dichiarato Gratteri – la prima domanda da porsi e che nessuno ha fatto, nemmeno i giornalisti troppo piacioni, era: ma tutte queste forze in supporto il ministro da dove le prende? Dalle scuole allievi? Se è così e qui non vengono esperti è inutile continuare a discuterne. In calabria servono uomini esperti, che siano in grado di lavorare ad una informativa. La ‘ndrangheta è una cosa seria e come tale va affrontata, non raccontando storielle a chi, come noi, la vive sulla propria pelle quotidianamente. Non servono grandi numeri. Quello che serve è rispetto. Rispetto per la realtà che noi affrontiamo. Altrimenti stare zitti è molto meglio”. Stare zitti e non parlare, ma a Gratteri, il concetto di non dire ciò che pensa è completamente sconosciuto, così, torna a discutere della mancata nomina a ministro della Giustizia, dichiarando al nutrito pubblico, senza tanti problemi che per lui “non è stato facile, al di là di come poi sia effettivamente andata, dire di sì alla proposta del ministro Graziano Del Rio” un sì, sottoposto alla condizione “d’avere carta bianca e di poter rivoltare la Giustizia, di modificare i codici, senza indugio per poter realizzare il mio sogno”. “Non sono diventato ministro? Meglio – ha spiegato Gratteri – ora posso con il mio ruolo continuare a dire la mia, avendo acquisito maggiore credibilità e forza. Faremo le iforme, le faremo leggere a tutti e poi voglio vedere chi vota a favore e chi no in Parlamento”. E, incalzato da Branca, sulla possibilità che Matteo Renzi abbia potuto bruciare la sua candidatura per un altro tornaconto, il magistrato reggino è perentorio categorico: “No, questo lo escludo. Renzi ci credeva tantissimo, anche perché sapeva che io sono più pazzo di lui e che avrei ribaltato tutto. Non c’era una strategia e nei prossimi giorni capiremo il perché”. Una frase che lascia presagire, come conferma più volte, che ci sia un progetto al cui compimento non manca molto, ma del quale non intende dire altro. La lotta contro la criminalità organizzata, passa necessariamente, attraverso la trasformazione radicale della società civile. Una rivoluzione che non può che partire dalle radici, dall’infanzia e ad introdurre la tematica è Raffaele Mortelliti, che descrive una reatà agghiacciante fatta di automatismi pericolosi legati non solo ad una immagine distorta delle figure primarie nella vita di un bambino, ragazzino, adolscente, ma anche alle nuove realtà sociali che ti costringono a vivere tra le “quattro righe di una chat”. Su questo aspetto il procuratore dedica gra parte della conversazione rimarcando come “sia da basso che si debba mettere in pratica questa rivoluzione culturale che contrasti la criminalità”.  “Partendo fin dall’infanzia, con riforme scolastiche serie – ha continuato –e non con gesti simbolici. In Calabria, abbiamo anche bisogno di un assessore alla Cultura che pensi a programmare la rinascita culturale di questa terra. I nostri ragazzi hanno bisogno di una società civile differente e perché questa si crei serve che al loro ritorno a casa, continuino un percorso di crescita senza un cellulare da 700 euro. Questa è la forza della ‘ndrangheta. I nostri ragazzi, si rinchiudono nel mondo di internet fuori da logiche culturali formative, il figlio di una famiglia ‘ndranghetista, quando torna a casa si nutre di cultura mafiosa”. E sempre di legalità si continua a discutere, nell’ambito di Tabularasa Alone con Salvatore Cosentino. Protagonista del primo appuntamento, il magistrato del Tribunale di Locri ha portato in scena la sua ultima piéce tetrale: “Eva non è ancora nata” (LEGGI L’APPROFONDIMENTO)

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