• ‘Ndrangheta e coscienza

    questura.jpgdi Pino Rotta* Quanti arresti in questi giorni! Sono proprio tanti e questo ci rincuora sull’attività di repressione; ci si propone però, ancora una volta, un problema sociale e una domanda: quanta parte della società reggina è direttamente o indirettamente implicata in attività criminose?

    “Reggio non è mai stata con noi”, questa frase riportata sulle pagine di Calabria Ora, di qualche giorno fa, è del dott. Salvatore Boemi. Una frase amara che mi ha colpito ma, seppure quest’aspetto indifferente della regginità non mi sia mai appartenuto, quella frase non mi ha neanche sorpreso.

    Me ne ha fatto ricordare un’altra frase detta in altra occasione, davanti al Palazzo di Giustizia, una decina di anni fa, da un altro grande uomo, Italo Falcomatà.

    Riuniti per dare solidarietà alla magistratura io e “l’accidentale” assessore alla pubblica istruzione e legalità, Patrizia Gambardella, e attorno meno di cinquanta persone. Falcomatà, con la pacata amarezza che sapeva accennare ogni tanto chiese: “Ma dov’è la società civile”?

    Bisogna riflettere su queste frasi e non lasciarsi convincere che siano distruttive. Sono realiste, oggettivamente la cosiddetta “società civile” o per dirla più semplicemente la “gente civile” a Reggio è sempre stata una minoranza. Le responsabilità di questo sono storiche e politiche ma non è possibile accettare che essere una minoranza culturale sia sbagliato davanti ai valori di civiltà, libertà e dignità.

    La maggioranza dei reggini “mette la vela dove va il vento”, alcuni invece cercano di tenere la barra dritta sui propri principi, troppo spesso in solitudine, ma gli uomini liberi non si misurano a colpi di maggioranza.

    Chiudo con un altro aberrante concetto che è tipico della cultura (preciso cultura e non subcultura) reggina. Il padre del pentito Novella, imputato per l’omicidio Fortugno, ritiene giusto esprimere il suo disprezzo verso il figlio pentito e addirittura disconoscerlo quale figlio. Paura? Tattica? Cultura radicata della separatezza tra Stato e persona? Forse un pò di tutto questo, ma un padre che disconosce il figlio perchè collabora a far luce su un feroce delitto è semplicemente una aberrazione sociale. E’ più mafioso il figlio o il padre che lo ha educato? Questa società riproduce questa gente e la domanda è se essere una minoranza, sempre meno influente, sia un fatto da socializzare, lasciandosi andare a sfoghi amari o continuare a difendere i propri principi e la propria quotidiana difficile vita “civile” senza il complesso di essere minoranza, ma con l’orgoglio della propria diversità. Converrà rispondere a queste domande perché la strada della civiltà è lunga e tutta in salita.

     

    *Pino Rotta, direttore di Helios Magazine

     

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