• L’orrore di Hiroshima e il mistero della certosa calabrese

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    di Anna Foti
    – Sganciare una bomba atomica, distruggere un città per eseguire un ordine in tempo di guerra. Uccidere quasi 150 mila persone a condannarne altrettante a morte futura per radiazioni.  Poi ritirarsi a vita di clausura per meditare e pregare nel cuore della calabria in uno dei 17 monasteri maschili certosini esistenti sul pianeta.

    Una storia verosimile data l’atrocità di un tale gesto compiuto contro la popolazione civile inerme e che legherebbe la tragica storia di Hiroshima alla nostra regione. E’ il mattino del 6 agosto del 1945 quando gli Stati Uniti, entrati in guerra dopo il drammatico attacco giapponese alla loro base militare di Pearl Harbour nel dicembre del 1941, sferrano l’offensiva nucleare contro il Giappone colpendo quella mattina di 63 anni fa Hiroshima con la bomba atomica “Little Boy” sganciata dal bombardiere “Enola Gay”. Solo tre giorni dopo la tragedia si sarebbe abbattuta anche sulla città di Nagasaki. Tutto comincia dal racconto di uno scrittore calabrese Sharo Gambino, per altro morto il 25 aprile scorso a Lamezia Terme, che avrebbe riferito del ritiro a vita privata nel monastero dei Certosini di Serra San Bruno, in Calabria, del pilota del B-29 “Enola Gay”. Inizia così un mistero durato decine di anni e che successive verifiche avrrebbero dinmiostrato non essere stato del tutto infondato.

     

    Saranno racconti postumi a dar ragione non a Sharo Gambino quanto ai monaci che in questi anni   avevano sempre negato tale presenza all’interno del loro monastero. Pare infatti, come apparso in un articolo pubblicato lo scorso anno da Armando Fizzarotti su “La Gazzetta del Mezzogiorno on the web” che, nel cuore della Calabria, il monastero dei Certosini situato a Serra San Bruno in provincia di Vibo Valentia, abbia ospitato un testimone, dunque non il pilota del B-29 “Enola Gay”, della tragedia di Hiroshima durante l’ultimo capitolo del secondo conflitto mondiale. Sembrerebbe infatti che né il comandante della missione, il colonnello Paul Tibbets, né il copilota, il capitano Robert Lewis, quest’ultimo neanche mai pentitosi, si siano mai rifugiati tra i boschi calabresi. Invece Tony Lehmann, arruolatosi nell’esercito statunitense e testimone del massacro causato dall’esplosione della bomba atomica a Hiroshima, dopo essersi congedato dall’esercito, divenne sacerdote ed entrò nell’ordine dei Certosini, trascorrendo qualche periodo anche in Calabria. Sarebbe morto nel 2001, dopo essere diventato Gesuita. Dunque fu lui ad avere raccontato anche in terra calabra gli orrori  della città portuale giapponese all’indomani dell’esplosione di “Little Boy”.  Il mistero pare essere stato svelato mentre Hiroshima, dopo la resa del Giappone agli Stati Uniti il 15 agosto del 1945 e dopo la ricostruzione cominciata nel 1949, adesso è un importante centro industriale. Nessuna parola invece sopravvive allo sdegno per la pagina più cruenta e dolorosa delle 300 mila vittime della follia cieca di una bomba e della follia mostruosa dell’uomo.

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