di Peppe Caridi
Ho letto con estrema attenzione e grande interesse le ultime “note” riguardo la centrale a carbone progettata dalla SEI S.p.A., società controllata da Rätia Energie insieme a Hera S.p.A., Foster Wheeler Italiana e Apri Sviluppo: un argomento tanto attuale quanto scottante per la nostra comunità.
C’è chi è già un convinto sostenitore della centrale e chi, invece (molti di più) criticano aspramente l’idea di costruirla.
La cosa su cui tutti possiamo essere d’accordo, però, è che grazie a questo progetto finamente dopo molti anni di silenzio, oggi il “dramma” di Saline Joniche è tornato d’attualità riportando la grande attenzione mediatica nei confronti di quell’area prima stuprata dal “pacchetto Colombo” negli anni ’70 e poi dimenticata e abbandonata da tutti noi nei decenni successivi.
Voglio eclissami per un attimo dal continuo flusso di cronaca che quotidianamente ci interessa in redazione, per soffermare l’attenzione sull’importanza del dibattito su Saline Joniche.
E vorrei farlo iniziando però senza separare completamente la questione di Saline dalla cronaca, perchè solo seguendo con attenzione i fatti di cronaca giorno per giorno si può capire, anche sul “caso Saline”, come stanno andando le cose.
Il caro amico Franco Arcidiaco, dopo aver esposto un parere molto equilibrato e moderato sulla questione, ha ricevuto decine di telefonate tra cui alcune “accuse” di aver cambiato casacca: “Ti stai ‘ittandu a ‘ddestra puru tu, manch’i fissa!” come ha specificato lui stesso in un altro pezzo successivo.
In redazione dopo poche ore abbiamo ricevuto una splendida pillola da una lettrice, Lorenza Bagni: la lettera è tamente tanto densa di phatòs, emozione e sentimento che già dopo poche righe si capisce che l’autore è in realtà un’autrice, una donna come poi confermerà la firma alla fine del testo. Solo le donne hanno un certo tipo di sensibilità che può portare, come ha fatto in questo caso, a far riflettere sul “caso Saline” prendendo spunto dalla poesia musicale di Battiato e dalla saggezza di Calvino.
In questa lettera v’è un consigio culturale riferito ai politici affinchè imparino ad amare i luoghi che amministrano senza paura di realizzare i sogni dell’amore per il territorio.
In realtà, però (e lo si evince dalla cronaca di questi giorni) la politica s’è opposta alla costruzione della centrale a carbone di Saline, a tutti i livelli.
E anche la destra, cari “Ti stai ‘ittandu a ‘ddestra puru tu, manch’i fissa!”, a tutti i livelli sta realizzando una battaglia contro la centrale a carbone di Saline.
Abbiamo letto sulle pagine di Strill dell’interrogazione parlamentare posta dall’on. Angela Napoli (Alleanza Nazionale!) ai Ministri dell’Ambiente, Tutela del Territorio e Sviluppo Economico il 7 luglio scorso.
Sempre su Strill abbiamo letto del chiaro “no” di Gianni Nucera, consigliere Regionale ed elemento di spicco del Pdl reggino.
Lo stesso Sindaco Scopelliti (inutile che lo dica, Alleanza Nazionale anche lui!), in Consiglio Comunale ha confermato la propria contrarietà nei confronti della costruzione della centrale, forte del sostegno dell’aula.
Senza entrare nel merito della giustezza o meno di questa battaglia, bisogna riconoscerla come realtà dei fatti perchè è tale.
“Accusare” (se si può ritenere un’accusa!) Arcidiaco (un uomo dall’apertura mentale immensa) di “cambiare casacca” solo per aver espresso un parere equilibrato e moderato, da “non addetto ai lavori” sulla tanto discussa centrale di Saline, e per aver raccontato alcune realtà sacrosante sul falso ambientalismo strumentalizzato da alcuni politici in Italia, che si dichiarano “verdi” ma che dietro quella facciata hanno ben altro colore e ben altri interessi, mi è sembrato alquanto ingiusto e fuorviante.
Così come mi sembra un pò qualunquista la voglia di volersela prendere con “i politici”, che come ben sappiamo stanno dicendo “no” alla centrale di Saline in modo trasversale, a prescindere dagli schieramenti.
La realtà, cari lettori, è che ogni qual volta c’è qualcosa che non ci pice, che non ci va giù, troviamo il bisogno di prendercela con qualcuno, di individuare in chissà chi le “colpe” di un dramma, uno scempio, un terribile episodio che però, in realtà, non ci tocca il cuore.
Mi pongo, e vi pongo, un quesito: come facciamo oggi a riempirci la bocca della difesa del territorio di Saline Joniche dopo che per tre lunghi decenni abbiamo lasciato quel territorio abbandonato a se stesso, senza alcun tipo di interesse nei confronti di tutta l’area del basso jonio ?
Quando andiamo a mare sulla jonica, notiamo sempre lo scempio dell’ex liquichimica passando dall’area devastata da quel mostro spettrale, ma poi arriviamo in spiaggia nella vicina Annà, o a Melito, prendiamo un gelato da Serranò, oppure ci spingiamo fino a Marina di San Lorenzo, o a Condofuri, Bova Marina, Palizzi e così via per divertirci in spiaggia e nelle splendide acque da cui Venere vergine nacque.
E così in serata, quando torniamo a Reggio con le nostre automobili, felici della giornata trascorsa in allegria e vogliosi di “approdare” nella nostra città affacciata nello Sretto, ripassiamo da Saline con indifferenza, senza neanche notare la ciminiera e le lamiere degradate, arrugginite dal tempo.
E dal giorno dopo chi s’è visto s’è visto: di quella giornata racconteremo i bei tuffi, le passeggiate in riva al mare, il gelato di Serranò e tante altre belle cose lasciando completamente nel dimenticatoio lo scempio di Saline.
Come possiamo prendercela con “i politici” se in realtà di Saline a noi reggini non ce ne frega e non ce n’è mai fregato un tubo ?
I poteri forti che opprimono quell’area (tanto l’ex liquichimica quanto il porto!) sono ben diversi da quelli politici, da quelli economici e da quelli sociali.
Sono poteri forti – ahimè – ancora più forti: mi riferisco a poteri occulti, criminali. Mafiosi.
Se oggi Saline Joniche è quello che vediamo rappresentato dalle immagini a corredo di quest’articolo (porto insabbiato, ferraglie e lamiere, litorale devastato), è “merito” della ‘ndrangheta e ancor di più nostro che non ci siamo mai voluti opporre a questo stato di cose tremendamente triste.
Oggi, finalmente, grazie al progetto della SEI e di questa famigerata centrale “a carbone pulito”, si è ricominciato a parlare di Saline.
E allora diamoci dentro, tutti: studiamo il progetto, studiamo il territorio, facciamo macinare il cervello. ( Il progetto della SEI )
Cerchiamo di capire, come Arcidiaco ha sottolineato nel suo primo intervento sull’argomento riprendendo le dichiarazioni dei sindaci di Melito (Peppe Iaria) e Montebello (Loris Nisi), se davvero questa centrale farà del male all’ambiente o se le emissioni di CO2 saranno molto ben al di sotto dei limiti imposti dal protocollo di Kyoto come si legge nel progetto originale ( click qui e qui per i dettagli ). Cerchiamo di capire quali ripercussioni, positive e negative, potrebbe avere la centrale sul territorio e prendiamo una decisione senza alcun tipo di condizionamento ideologico e preconcettuale.
Se dovessimo arrivare al punto di dire “no”, non chiudiamo l’argomento qui facendo piombare Saline nuovamente nel silenzio degli anni, ma cerchiamo invece di proporre soluzioni alternative per la valorizzazione di quell’area, per il ripristino della linea costiera e per la distruzione dell’ex liquichimica.
Non dobbiamo cercare di individuare alibi in “altri”: nella politica, nelle istituzioni, nei personaggi storici del passato.
Dobbiamo bensì saperci prendere le nostre responsabilità, riconoscere che nei confronti di Saline Joniche siamo stati decisamente stronzi per lunghi decenni, e iniziare ad affrontare l’argomento con spirito propositivo e migliorativo.
Prima della costruzione di quello che secondo il “pacchetto Colombo” doveva essere uno stabilimento per la costruzione delle bioproteine sintetiche, a Saline c’erano lussureggianti campi coltivati, dolci paesaggi e fertili terreni.
Quel mondo genuino e vitale è morto sotto la forza dirompente e distruttiva dell’illusorio quinto polo siderurgico, è rinchiuso in una bara da ormai quasi quarant’anni.
Nelle ultime settimane, grazie alle nostre parole quel mondo genuino si sta rivoltando, perchè sente la possibilità di rinascere tramite noi e il nostro operato.
Con la centrale a carbone o con qualche altro progetto non lo so, e non m’importa più di tanto.
M’interessa però che rinasca, perchè io l’immagine di quelle ferraglie e dell’altissima ciminiera non riesco a dimenticarle quando torno dalla jonica, nonostante la bellezza del mare, i divertimenti delle splendide spiagge bianche e la bontà gustosa del gelato di Serranò.
E se dopo che rifiuteremo questa centrale, come il mondo della politica istituzionale sta facendo, tornerà il silenzio per altri quarant’anni, beh allora sì che dovremo davvero vergognarci di noi stessi.