Grazie al “civil partnership act”, approvato a Londra nel dicembre 2005, il primo italiano gay è convolato a nozze con il suo compagno inglese. A diffondere la notizia ci ha pensato l’Arcigay di Roma, che si è espressa attraverso il suo presidente, Fabrizio Marrazzo, che ha detto:” Siamo felici che il nostro socio, da sempre vicinissimo ad Arcigay, stia coronando il sogno della sua vita”.
“L'unica nota triste – ha proseguito – è che per farlo sia dovuto ricorrere a una legge di un altro paese più avanzato del nostro. In Italia l'unione tra Marco e Alan non ha valore e per la legge sono due estranei. Per questo – ha concluso Marrazzo – entrambi si sono proposti di portare la questione sia nei tribunali italiani che al Tribunale Europeo". Una delegazione di Arcigay ha presenziato all’unione tra i due sottolineando che:” La nostra presenza è voluta sia per essere vicini al nostro associato, che per sottolineare l'impegno della nostra associazione affinché anche nel nostro paese si discuta in maniera serena del Pacs e dei diritti delle coppie gay". In Inghilterra, ormai, sono poche quelle persone che guardano con sorpresa ai “matrimoni gay”. La società si sta evolvendo e dopo che anche la cattolicissima Spagna si è espressa in favore delle unioni omosessuali, nonostante rappresentassero una netta minoranza, non stupirebbe di vedere un’analoga situazione di mutamento dei costumi anche in Italia. I principi dell’Unione Europea si ispirano del resto ad una omologazione dei diritti e della giurisprudenza dei Paesi che ne fanno parte. Una posizione contraria troppo drastica dell’Italia potrebbe ricalcare l’episodio del fenomeno del turismo abortivo datato anni ’60. Infondo anche l’Italia “Repubblica che riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio”(Art.29Cost.), sta cambiando la sua connotazione tradizionale. I dati diffusi dalle ultime ricerche Istat parlano chiaro: le forme "atipiche" di famiglia sono nettamente aumentate negli ultimi anni: se nel 2002/2003 le coppie di fatto erano 564 mila, oggi ce ne sono almeno il doppio. Alle coppie di fatto, poi, bisogna aggiungere le oltre 300 mila famiglie non riconosciute i cui partner vivono "more uxorio". Il compito di trovare una possibile soluzione all’assetto de “La famiglia del futuro” è stato affidato al “think tank” internazionale Vision, lo studio condotto da giovani analisti e ricercatori italiani che lavorano nelle più prestigiose università europee come la London School of Economics o la Normale di Pisa. La ricerca, tutt’ora in corso, si concluderà con l’elaborazione di una piattaforma programmatica su "Le scelte della politica" nella quale, sulla base dei dati raccolti e delle analisi, verrà elaborata una proposta di governance per far fronte alla trasformazione della famiglia italiana e per modellare nuove politiche più efficaci alla sua tutela e che ne riconoscano la centralità nel sistema economico e sociale del Paese.