di Giusva Branca – Meno della punta dell’iceberg.
Quanto di agghiacciante sta venendo fuori circa la vicenda relativa al traffico dei rifiuti tossici verso Mediterraneo, Africa e, soprattutto, Calabria
potrebbe essere paragonabile ad una punta di spillo rispetto a quanto realmente di inconfessabile è nascosto nei nostri mari e nelle nostre montagne.
Le 180 navi “sospette” sulle quali negli anni ’90 – prima che venisse ostacolato con ogni mezzo – indagava il magistrato Francesco Neri unitamente al suo consulente Natale De Grazia, morto in circostanze che definire misteriose è un eufemismo, potrebbero essere in buona parte intorno a noi.
Dallo studio delle vicende relative a queste navi – e si tratta di materiale ben noto da decenni – vengono fuori alcune circostanze sulle quali riflettere: si tratta di navi quasi tutte affondate in maniera strana, con la medesima dinamica: urto nella stessa parte dello scafo, allagamento di una certa parte delle sentine, equipaggio recuperato da una nave appoggio e poi sbarcato sulle coste africane, senza più nessuna traccia successiva dello stesso.
Ma c’è di più, molto di più: che il contenuto dei fusti della Cunsky sia riconducibile a scorie nucleari è, agli occhi dei tecnici, facilmente riscontrabile anche dalle foto per via della “blindatura” ai bordi del fusto, del tutto tipica dei contenitori di materiale radioattivo di tipo nucleare.
Ora, le modalità di “confezionamento” delle scorie nucleari variano del piombo al cemento ad altre e, per ciascuna, i tempi di deperibilità del bidone variano dai 30 ai 50 fino ai 100 anni in condizioni normali. Cosa possa accadere a centinaia o migliaia di metri di profondità non è dato sapere. In buona sostanza, però, facendo due più due e considerando che si tratta di un numero indefinito di navi sott’acqua da circa 25 anni, il pericolo potrebbe essere assolutamente imminente.
Intanto il dato che potrebbe saltar fuori molto presto è che il Procuratore di Paola, Bruno Giordano, sta per trasferire parte delle risultanze investigative ad altra/e Procura/e calabrese/i, visto che dati e testimonianze potrebbero portare ad altri fondali marini sui quali ci sarebbero, adagiate, altre navi.
Non sono soltanto i mari nel mirino, però. Interi costoni aspromontani – secondo altre risultanze investigative da verificare (ma a questo punto lo scenario si fa giorno dopo giorno sempre più verosimile) – nasconderebbero carichi inconfessabili.
E, allora, il palcoscenico di questo dramma collettivo si amplia a dismisura e coinvolge pezzi di istituzioni, servizi segreti, ‘ndrangheta, insospettabili Paesi europei produttori di scorie nucleari ma anche chi, come l’Italia, le scorie nucleari non dovrebbe produrle.
Già, non dovrebbe, perchè un altro Procuratore, Nicola Pace, venne “neutralizzato” quando era a Matera e indagava su frenetiche attività espletate negli anni 80 in quelle zone sul plutonio, funzionali, secondo quanto dichiarato da collaboratori di giustizia, alla costruzione di bombe nucleari pronte per l’Iraq.
Ed ecco, allora, che gli scenari si ampliano, si moltiplicano in un macabro “lascia o raddoppia”,al punto da rimbalzare sugli ultimi giorni di Ilaria Alpi, in Somalia o, addirittura, sul mistero di Ustica e sulla ricostruzione, sempre meno fantasiosa, che vuole – nei cieli italiani – un’azione di guerra con gli aerei israeliani ad inseguire e tentare di abbattere un velivolo carico, per l’appunto, di plutonio destinato a scopi inconfessabili, come inconfessabile fu la dinamicha che tirò giù il Dc9 dell’Itavia.
Ma questa, queste sono altre storie, si sarebbe detto fino a qualche tempo fa.
Oggi, purtroppo, non è più così…