Caso Cunski, Francesco Fonti inizia ad “esternare” ai media. Prime reazioni del mondo politico. Legambiente si costituirà parte civile. Dal centrodestra al centrosinistra, tutti preoccupati dopo che il collaboratore di giustizia Francesco Fonti ha dichiarato che il Tirreno
calabrese è una sorta di discarica dove la ‘ndrangheta per conto di politici e imprenditori poco limpidi, si sarebbe disfatta di materiali radioattivi. Nel 2003 Fonti aveva consegnato un dossier alla magistratura reggina nella quale spiegava che nei fondali di Cetraro, Maratea e Genzano giacevano tre navi, fatte affondare con il loro pericoloso carico. Una di queste, la Cunski, sarebbe stata trovata a 12 miglia da Cetraro: poco distante grazie a un sofisticato robot, sono stati individuati dei bidoni ma non si conosce il contenuto. Su Maratea, già da alcuni mesi gli esperti avevano eseguito accertamenti e dal profondo del mare erano emerse delle tracce. Adesso manca il terzo controllo: Genzano. Nel frattempo che le indagini della Dda di Reggio Calabria e della procura di Paola arrivino a qualche conclusione, Francesco Fonti, si concede a televisioni e a giornali, offrendo interviste ricche di particolari. Nella chiacchierata fatta con Riccardo Giacoia del Tg3 Calabria Fonti ha spiegato che le navi affondate sarebbero più di tre. E ha indicato nuove località dove le ‘ndrine avrebbero affondato i mercantili dei veleni. Poi, il “nostro” è stato intervistato dal Manifesto e, per par condicio, anche dal Sole24ore, dove ha consegnato la bozza di un libro. Libro nel quale traccia appena un accenno al traffico di rifiuti tossici, mentre si dilunga a descrivere i suoi rapporti con politici “alcuni ancora in attività” e con agenti dei servizi segreti. Per quanto riguarda queste memorie, di cui una bozza è in possesso al Sole 24 ore, Fonti è alla ricerca di un editore. Intanto un’interrogazione parlamentare ai ministri dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare è stata presentata dai senatori del Pd, Bruno, Bianchi, De Sena e Mazzucconi. Interrogazione nella quale si chiede “quali azioni intendano portare avanti per assicurare la difesa della salute dei cittadini calabresi e dell’intero ecosistema calabrese”. Sono inoltre preoccupati per le dichiarazioni del pentito Francesco Fonti che avrebbe indicato altri siti, come la zona di Cirò e di Crotone, e chiedono ai ministri azioni a garanzia della salute dei cittadini di quell’area. Intanto, Legambiente, l’altra protagonista di questa vicenda, ha manifestato l’intenzione di costituirsi parte civile in eventuali procedimenti giudiziari. ”Le parole del pentito di mafia confermano la gravità di una situazione di illegalità diffusa e pericolosa, favorita da connivenze e omissioni anche nelle alte sfere. Lo Stato deve dare un chiaro segnale e dimostrare di voler raggiungere finalmente la verita’ sugli inquietanti scenari che contornano il traffico illegale dei rifiuti tossici. Dalla misteriosa morte del capitano di corvetta Natale De Grazia alle numerose indagini bloccate o depistate, è ora di chiarire tutte le vicende legate al traffico dei rifiuti, da tempo denunciate da Legambiente ma anche da Wwf e Greenpeace e sostenute anche dalla Direzione Investigativa Antimafia sin dal 2001”. Lo ha dichiarato Sebastiano Venneri, il vicepresidente di Legambiente, dopo il recente incontro tra una delegazione dell’associazione ambientalista e del Comitato per la verità sulle navi dei veleni, e il procuratore di Paola, Bruno Giordano, durante il quale sono stati consegnati documenti e dossier elaborati dall’associazione negli ultimi 15 anni. ”Il rischio da scongiurare ora – continua Venneri – è che tutta questa enorme vicenda venga sminuita e ridotta a problema di tipo meramente ambientale – che sarebbe comunque grave – ma che invece in questo caso rappresenta ben di più. Politica e Servizi segreti sono chiaramente coinvolti e quindi chiamati a chiarire senza indugi il proprio ruolo”. (Il velino)