
a questa parte, di creare un comitato di diportisti e pescatori che ‘sollecitino’ sul tema l’azione dell’amministrazione locale. “Ho raccolto” – dice a Strill.it – “circa trecento firme tra gli imprenditori locali che hanno a cuore il destino del porto di Saline. Tutti insieme ci siamo recati dal Sindaco di Montebello per rivendicare una nuova stagione di dinamismo per il porto, dopo trent’anni in cui nulla è stato fatto”.E in effetti tutto giace. Insabbiato. Finiti anche i tempi in cui i carichi di eroina ed hashish del clan De Stefano passavano da lì. Ovviamente, con la ‘benedizione’ del boss di Melito Natale Iamonteˡ.
Il comitato dei pescatori di Saline Joniche non ha arato il mare. Nel giro di pochi mesi, anzi, ha smosso qualcosa: “La Provincia di Reggio Calabria” – ci dice Romeo – “ha stanziato 500mila euro, da ‘girare’ al Comune di Montebello, per il rifacimento di un pontone e due idrofili. In data due novembre, inoltre, sono stati stanziati altri 25mila euro per la riapertura del porto, ad oggi chiuso”. Ma l’attività di pressione da parte dei diportisti non si arresta di fronte ai primi risultati: “Come comitato” – prosegue Romeo – “siamo vigili ed abbiamo deciso, nel futuro prossimo, di formare una delegazione per elevare il livello del dibattito sul porto di Saline ai ‘piani’ regionali; scelta questa, comunicata all’assessore regionale Antonio Caridi ed all’ex vicepresidente della Provincia di Reggio Gesualdo Costantino, nel corso di un incontro, avvenuto a fine ottobre, con i rappresentanti delle istituzioni territoriali”.
Ma cosa si può fare dentro un porto? “Non soltanto posti barca per il rimessaggio” dice Romeo. “Banchine galleggianti, infrastrutture come hotel o ristoranti, ma soprattutto si potrebbe lanciare una nuova linea di collegamenti marittimi con la Sicilia”.
Il destino del porto di Saline s’intreccia fatalmente con il disegno della centrale a carbone di “Progetto Sei”. Niente porto, niente centrale. Abbiamo chiesto a Romeo, però, se è possibile anche il contrario. “A noi interessa semplicemente che il porto riprenda vita” ci ha comunicato il Presidente del Comitato pescatori. “Per questo, siamo favorevolmente propensi all’azione di Repower e soci. Hanno inserito, dentro il progetto per la centrale a carbone, ottanta milioni di euro destinati per la ristrutturazione del porto. Siamo dalla loro parte, dunque, perché hanno disposto i fondi per il futuro della nostra zona: il porto”.
Ma il futuro della zona di Saline Joniche, attraverso il porto, potrebbe passare dalla realizzazione della centrale a carbone. Alcuni lo sperano, altri premono perché ciò non avvenga.
E allora, concretamente, quanti soldini pioverebbero nelle casse dei Comuni, ospitanti e limitrofi, dalla creazione della centrale? Ma, soprattutto, ciò che importa maggiormente all’uomo comune intento a leggere il giornale di fronte al suo pc: quanti posti di lavoro si creano? Quali sono i dati che pesca dal cilindro “Progetto Sei”?
IL CANTIERE
– 50 mesi: il tempo necessario per la costruzione della centrale.
– 850: le unità lavorative impiegate mediamente nel cantiere. ‘1500’, dice ‘Progetto Sei’, potrebbe essere la quantità massima di lavoratori utilizzati in questa fase (picco di unità).
A REGIME
– 140: unità lavorative per occupazione diretta (chi lavorerebbe direttamente in centrale; es. impiegati dell’Amministrazione)
– 160: unità lavorative per indotto diretto (es. operai addetti al trasporto del carbone via mare)
– 180: unità lavorative per indotto indiretto (es. ristoratori attivi per il sostentamento dei 140 lavoratori direttamente occupati in centrale)
– 480: unità lavorative totali.
I candidati a lavorare nella centrale a carbone, dice ancora Repower, sarebbero selezionati dal territorio provinciale e dintorni. I corsi di formazione professionale inizierebbero durante i 50 mesi di cantiere.
RICADUTE ECONOMICHE
In vent’anni, secondo Repower & Co., le ricadute economiche sarebbero prossime al miliardo di euro.
In base al decreto legislativo 239/04, 1,7 milioni di euro all’anno deriverebbero, per gli enti locali, a titolo contributivo compensativo: per i primi sette anni, il 40% di essi andrebbe al Comune ospitante; il restante 60% sarebbe destinato ai Comuni confinanti (sette) in base alla loro grandezza ed alla incisività del danno dei fumi.
Il Comune di Montebello Jonico riceverebbe, soltanto di Ici, un milione di euro l’anno.
Posti di lavoro, milioni per gli enti locali (tra questi, il silenzio, sul tema ‘centrale a carbone’, da parte dei Comuni di Montebello e Melito è davvero assordante): utopia (Eduardo Galeano docet), chance o danno?
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ˡ “Fratelli di sangue: la ‘ndrangheta tra arretratezza e modernità: da mafia-agropastorale a holding del crimine” di Nicola Gratteri e Antonio Nicaso.