di Clara Varano – “I soldi che i vari esponenti politici ricevevano per il loro lavoro fittizio finivano nella bacinella della cosca Lanzino-Ruà”. La città di Rende e big della politica, legati al Pd, nel ciclone dell’ultima inchiesta della Dda di Catanzaro. ‘Ndrangheta e politica, dunque, ancora una volta insieme finiscono per riempire le pagine delle inchieste della Procura di Catanzaro. Alla base delle indagini “dichiarazioni plurime e convergenti di alcuni collaboratori di giustizia che hanno consentito di verificare come, a fronte di richieste di appoggi elettorali, vi fosse una sistematica elargizione di favori da parte degli esponenti politici dell’amministrazione comunale rendese a sostegno di soggetti intranei alla criminalità organizzata del cosentino”. Questo l’impianto accusatorio. Queste le risultanze investigative.
Adolfo D’Ambrosio, anche lui destinatario di ordinanza, garantiva ai soggetti politici che si rivolgevano a lui, nonostante fosse in carcere, appoggio elettorale. Per ottenerlo il gioco era facile, bastava dopo essere stati eletti “sostenere” la cooperativa Rende2000 prima, poi transitata in Rende Servizi, all’interno della quale figuravano assunti gli esponenti dei clan.
Un sistema scoperto da Vincenzo Luberto e Pierpaolo Bruni, che hanno coordinato le indagini dei carabinieri di Cosenza, che durava da almeno 15 anni e che avrebbe arricchito di centinaia di migliaia di euro le cosche. Per questo motivo, Sandro Principe, ritenuto elemento di spicco di tutto il sistema corruttivo è accusato con l’aggravante del metodo mafioso di corruzione elettorale e di concorso esterno in associazione mafiosa.
Principe, almeno secondo il racconto dei collaboratori, era considerato il “capo” che indicava anche il suo successore come primo cittadino della città di Rende. “Eh … c’era il capo che hanno fatto entrare tra gli applausi finali” dice di lui uno degli intercettati. Oppure ancora: “Eh l’applauso, l’applauso gli fa lui … omissis… invece di sceglierlo il popolo, lo sceglie lui ogni volta. A lui i voti di famiglia glie li do perché oh, figurati e roba varia, però che…”.