• ‘Ndrangheta Reggio – Cosca Lo Giudice, la Procura Generale chiede conferma condanne

    «Tutte le condanne alla cosca Lo Giudice vanno confermato in secondo grado». È questo quanto invocato ieri dal sostituto procuratore Danilo Riva impegnato a sostenere l’accusa nel processo a carico di alcuni presunti affiliati alla ‘ndrina di Santa Caterina. Il pg ha quindi chiesto alla Corte d’Appello presieduta da Massimo Gullino di confermare quanto deciso dal Tribunale di Reggio Calabria il 3 giugno del 2014. Il Collegio presieduto da Silvia Capone aveva condannato a pene pesantissime i dieci imputati che avevano scelto di essere giudicati in ordinario. Solo due furono le assoluzioni. All’esito di un lunghissimo dibattimento, la condanna più alta, 20 anni di carcere, è stata inflitta Luciano Lo Giudice considerato il rampollo della famiglia e la mente imprenditoriale del clan. Antonino Cortese, il presunto armiere del clan invece, è stato condannato a 18 anni di reclusione e 3 mila e 500 euro di multa. 16 anni di galera furono comminati a Giuseppe Reliquato e Bruno Stilo. Ammontava a 14 e 6 mesi anni di reclusione la condanna per il colonnello dei Carabinieri, Saverio Spadaro Tracuzzi, ritenuto colpevole del reato di concorso esterno in associazione mafiosa; 13 anni di carcere e 1.500 euro di multa per Salvatore Pennestrì, 10 anni invece, a Fortunato Pennestrì. È di 7 anni e 6 mesi di carcere e 3 mila euro di multa la condanna rimediata da Giuseppe Lo Giudice, 6 anni quella inflitta ad Antonino Spanò e 4 anni e 6 mesi e 600 euro di multa quella relativa alla posizione di Giuseppe Cricrì. Il Tribunale ha infine, assolto perché il fatto non sussiste Enrico Rocco Arillotta e Antonino Arillotta. Gli imputati sono accusati, a vario titolo, di essere boss e gregari della cosca Lo Giudice, una delle famiglia reggine considerate fra le più potenti. Una di quelle cosche capace, secondo la Dda, di legare rapporti con membri delle Istituzioni come magistrati e appartenenti alle Forze dell’Ordine. Esempio sarebbe proprio il rapporto instaurato da Luciano Lo Giudice con Spadaro Tracuzzi, ufficiale dell’Arma con un passato nella “Catturandi”, nel Nucleo Operativo Ecologico, e, da ultimo, nella Direzione Investigativa Antimafia. “Un ufficiale corrotto”, lo definì il pm Beatrice Ronchi, adesso in forza alla Procura di Bologna, durante la sua requisitoria. Spadaro Tracuzzi avrebbe, secondo l’impostazione accusatoria, portato avanti un rapporto con Luciano Lo Giudice che sarebbe andato ben oltre il legame tra investigatori e fonte confidenziale. Il Carabiniere avrebbe quindi offerto il proprio supporto a Luciano Lo Giudice in diverse circostanze ed in cambio avrebbe ricevuto doni come biglietti aerei o autovetture di lusso. L’ufficiale dell’Arma, infatti, avrebbe avuto un ruolo in diverse occasioni: dalla perquisizione subita nella villa di Pellaro da Luciano Lo Giudice, passando per l’intervento della Polizia Amministrativa nel bar-cornetteria “Peccati di gola”, gestito da Luciano fino al momento dell’arresto, o, ancora, nella vicenda di abusivismo edilizio che coinvolgerà il cantiere nautico di Antonino Spanò, considerato un prestanome dello stesso Luciano. Il processo di secondo grado è stato aggiornato al 2 marzo quando inizieranno le arringhe dei difensori. La sentenza è attesa per aprile.

    Angela Panzera