di Angela Panzera – Anche per la Corte d’Appello di Reggio Calabria i genitori di Maria Concetta Cacciola, la testimone di giustizia morta il 20 agosto del 2011 a seguito dell’ingestione di una dose di acido muriatico, sono colpevoli per averla costretta ad abbandonare il programma di protezione e sopratutto per averla costretta a ritrattare, con una registrazione falsa, quanto dichiarato ai magistrati della Dda di Reggio Calabria, il tutto per aver agevolato la cosca Bellocco. Pochi minuti fa il presidente della Corte, Iside Russo, ha letto la sentenza del processo d’Appello relativo all’inchiesta “Onta” che ha fatto luce sulla presunta violenza perpetrata nei confronti della testimone di giustizia. Alla sbarra ci sono i genitori e il fratello della donna, Anna Rosalba Lazzaro, Michele e Giuseppe Cacciola, nonché l’avvocato Vittorio Pisani, condannati lo scorso 30 luglio dal gup Davide Lauro. Oggi però i giudici della Corte d’Appello hanno ritenuto che i genitori e il fratello della donna siano si responsabili per la finta ritrattazione, ma che per questo reato venga applicata la continuazione con sentenza disposta il sei febbraio del 2014 dalla Corte d’Assise d’Appello di Reggio Calabria, confermata poi dalla Cassazione nel settembre scorso. In appello infatti i giudici arrivarono alle medesime conclusioni della Corte d’Assise di Palmi che giudicò colpevoli tutti e tre gli imputati per i maltrattamenti inferti, le angherie, le vessazioni psicologiche e lo stato di pressione e costrizione vissuto dalla testimone di giustizia morta il 20 agosto del 2011 per cui attualmente sono in corso le indagini della Dda per l’ipotesi di omicidio. In appello furono comminati 4 anni e sei mesi di carcere a Michele Cacciola, 4 anni a Giuseppe Cacciola e 2 anni di reclusione ad Anna Rosalba Lazzaro, condanne diventate definitive in Cassazione.
La sentenza della Corte d’Appello
In definitiva per questi fatti dell’inchiesta “Onta due”, ossia la presunta ritrattazione estorta con violenza alla donna, aggravata dall’aver favorito la cosca mafiosa dei Bellocco, la Corte d’Appello, ha disposto che Michele Cacciola venga condannato a 4 e 2 mesi di detenzione in più rispetto alla sentenza emessa in Appello, quindi con pena complessiva, considerati entrambi i processi, a 8 anni e 8 mesi di carcere; per Giuseppe Cacciola i giudici hanno inflitto 7 anni e 4 mesi di reclusione, ossia 3 anni e 4 mesi di condanna in più da “sommare” a quella comminata dai giudici d’Appello, ed infine per Anna Rosalba Lazzaro la pena finale ammonta a 5 anni e sei mesi di carcere, ossia 3 anni sei mesi di carcere in più per questi fatti relativi al processo “Onta due”. Sicuramente il collegio dei difensori, composto dai legali Carlo Morace, Gianfranco Giunta e Antonio Cimino, ricorrerà in Cassazione.
Per l’avvocato Vittorio Pisani, condannato dal gup Davide Lauro a 4 anni e sei mesi di carcere, la Corte ha disposto una condanna a 2 anni e 8 mesi di carcere. Una pena inferiore poiché, come richiesto dal pg Riva, la Corte ha stabilito nei suoi confronti il riconoscimento delle attenuanti generiche. Pisani però dal settembre scorso collabora con la giustizia e al momento è sotto programma di protezione. Nella scorse udienze in Appello ha riferito, cosi come dichiarato ai pm antimafia Giovanni Musarò e Alessandra Cerreti che hanno curato la sua collaborazione, di aver partecipato alla finta ritrattazione estorta a Maria Concetta e che insieme a lui hanno avuto un ruolo decisivo sia i familiari della donna che il collega Gregorio Cacciola. Per il pg Riva però non sussistevano elementi giuridici sufficienti a far godere a Pisani dell’attenuante riservata ai collaboratori di giustizia poiché, stando a quanto dichiarato in sede di requisitoria, l’avvocato, difeso dal legale Adriana Fiormonti, non “avrebbe aggiunto elementi di novità all’attività degli inquirenti così come prevede la legge” bensì avrebbe “solo” ammesso le sue responsabilità nella vicenda. Ma alla luce della decisione della Corte, al di là del riconoscimento o meno dell’attenuante riservata ai collaboratori di giustizia, comunque Pisani è da ritenere credibile e il suo pentimento “genuino” poiché allo stesso sono state riconosciute le attenuanti generiche, ma soprattutto è stato scarcerato. Pisani dal settembre scorso si trovava ristretto ai domiciliari; adesso però è un uomo libero e davanti a sé ha quindi la grande possibilità di rifarsi una vita. Una possibilità datagli dalla giustizia, ma soprattutto dalla sua volontà di affidarsi ad essa.
