Di Angela Panzera – Confermare la sentenza d’appello, fatta eccezione per Sebastiano Carbone e Antonio Pelle classe ’86, difeso dall’avvocato Luca Cianferoni, per i quali è stata questa l’assoluzione dal reato di intestazione fittizia di beni: è stata questa la richiesta del Pg Giuseppe Adornato nel corso dell’appello bis del processo “Reale”, giunto nuovamente in Corte d’Appello dopo l’annullamento con rinvio della Cassazione. Una decisione, quella della Suprema Corte, che il pg non ha condiviso e ha ribadito che esistono precisi indizi di colpevolezza nei confronti degli imputati accusati di appartenere alla cosca di San Luca. E nonostante il Palazzaccio abbia ritenuto non provata, pur riconoscendo a Giuseppe Pelle un ruolo di vertice all’interno della ‘ndrangheta nel suo complesso, la Procura Generale crede nell’inchiesta “Reale”. L’accusa ha quindi chiesto di confermare le condanne inflitte a Giuseppe Pelle (11 anni e 9 mesi), Antonino Latella (12 anni e 8 mesi), Rocco Morabito (10 anni e 8 mesi), Giovanni Ficara (12 anni e 6 mesi), Costantino Carmelo Billari (6 anni), Domenico Pelle (8 anni), Sebastiano Pelle (5 anni e 8 mesi), Giuseppe Antonio Mesiani Mazzacuva (4 anni e 11 mesi), Antonio Pelle classe 87 (5 anni e 8 mesi), Francesco Iaria (2 anni e 6 mesi) e all’ex consigliere regionale Santi Zappalà (2 anni e 8 mesi). A sostegno dell’ipotesi accusatoria nella scorsa udienza il pg Adornato ha chiesto alla Corte presieduta dal giudice Costa l’acquisizione d alcune sentenze che hanno riguardato la ‘ndrina nonché l’ordinanza di custodia cautelare con cui il 29 aprile scorso il gip distrettuale Cinzia Barillà ha arrestato i principali esponenti della famiglia nonchè l’ex consigliere Santi Zappalà con la pesante accusa di voto di scambio. Tutte queste istanze sono state accolte e adesso nell’abbreviato sono entrate altre prove documentali. «Peppe Pelle “Gambazza” non è e mai può considerarsi una monade- ha scirtto il gip Barillà nell’ordinanza “Reale 6” un atollo di ‘ndrangheta isolato con capacità decisionali “apicali” da maggiorente (..) che si staglia in un mare di incontaminato di suoi congiunti e prossimi titolari del potere mafioso esercitato in quel territorio, per dire la sua o esercitare il suo potere in via estemporanea, ad intermittenza».Al contrario, spiega il gip, il suo ruolo all’interno dell’organizzazione si evince dal fatto che possa permettersi il lusso di «attivarsi ad intermittenza», senza necessariamente dover mantenere un continuo contatto con gli uomini del clan. E non è vero – dice a chiare lettere il gip – che non esistono tracce storiche che dimostrino il radicamento della cosca Pelle. Al contrario numerosi atti giudiziari «confutano la tesi che il potere mafioso in capo al Pelle Giuseppe si esaurisca in una mera “autorevolezza” mafiosa ereditata dal padre Antonio Pelle, a sua volta portatore della stessa». Adesso la parola passerà alle difese.
