di Clara Varano – Non si trattava di iscrizione in “extremis” come molti hanno voluto intendere, ma semplicemente di una prassi consolidata. “Oltre a noi, infatti, molte altre iscrizioni sono avvenute in ritardo rispetto a quanto previsto dallo Statuto della Regione”. Lo sottolineano Mimmo Tallini e Fausto Orsomarso consiglieri regionali, che “a causa – dicono – di una rigida applicazione, avvenuta solo nei nostri confronti, del regolamento” sono finiti nel gruppo misto invece che nella coalizione di Forza Italia in seno al Consiglio.
Volano parole grosse nella conferenza stampa indetta da Fausto Orsomarso, Mimmo Tallini e Wanda Ferro, alla quale ha preso parte anche Giuseppe Mangialavori de “La casa delle Libertà”. Eppure a loro due soli “unici – secondo quanto si legge nella comunicazione ufficiale – due consiglieri che non hanno ottemperato nei termini alla dichiarazione di adesione ad un Gruppo” è stata decisa l’assegnazione “de jure” al Gruppo misto.
Le cose, tuttavia, non starebbero proprio così. Oggi i due consiglieri hanno consegnato alla stampa una voluminosa cartellina contenente molti documenti. Primi fra tutti le dichiarazioni di adesione con evidenziata la data del protocollo degli altri consiglieri. Molti altri, come loro, hanno presentato richiesta in ritardo “come da prassi consolidata”, tra questi anche il presidente Mario Oliverio, il presidente Antonio Scalzo e l’assessore Carlo Guccione. “Singolare che però, si siano ricordati solo di noi” rimarcano i due.
Al riguardo sono pronti a dare battaglia oppure spiega Orsomarso “a costituire un nuovo partito con obiettivi precisi”. Un nuovo partito dunque pur essendo espressione massima di Forza Italia, certamente lo sono a livello di elettorato, Mimmo Tallini e Fausto Orsomarso, che hanno ricevuto un consenso elettorale non di poco conto. “È solo un tentativo da parte del presidente del Consiglio Scalzo di mettere il bavaglio e liberarsi di una opposizione fastidiosa e non certo morbida come quella cui sono sempre stati abituati. Basta un solo consigliere di minoranza che si oppone energicamente per mettere fine agli accordi sottobanco”.
“La verità è che il presidente Scalzo avrebbe dovuto agire nell’interesse del Consiglio e non del singolo, svolgendo al massimo la sua funzione di garante di tutti i consiglieri”.
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