È entrato nel vivo il processo a carico dell’ex ministro Claudio Scajola, imputato nel processo ordinario insieme a Maria Grazia Fiordalisi, segretaria di Amedeo Matacena, in quanto accusati a vario titolo di aver aiutato l’ex parlamentare di Forza Italia, tuttora in fuga a Dubai, a sottrarsi a una condanna definitiva per concorso esterno in associazione mafiosa. L’udienza è iniziata con notevole ritardo rispetto all’orario stabilito a causa dei numerosi processi che hanno impegnato il Tribunale reggino. Sul banco dei testimoni, intorno alle ore 17.30, è salito il vicequestore Leonardo Papaleo, uno dei tanti investigatori della Dia che prenderà parte alla maxi inchiesta messa in piedi della Dda di Reggio Calabria. Papaleo ha riferito al Tribunale che seguendo il sedicente avvocato Bruno Mafrici si è arrivati ad intercettare Matacena, poi la moglie Chiara Rizzo ed infine Scajola. La quarta udienza del dibattimento, pur essendo durata meno di un’ora, è stata interamente dedicata alla testimonianza del vicequestore aggiunto che ha firmato numerose informative dell’inchiesta “Breakfast”. Sollecitato dalle domande del pm antimafia Giuseppe Lombardo, Papaleo al Tribunale presieduto da Natina Pratticò, ha iniziato a sviscerare la genesi dell’indagine. “Tutto è partito dalle risultanze investigative che il mio ufficio ha compiuto nell’ambito dell’inchiesta Assenzio che ha riguardato Dominique Suraci arrestato poi per concorso esterno in associazione mafiosa. Suraci infatti, aveva frequenti contatti telefonici con tale Bruno Mafrici che si autodefiniva avvocato. Mafrici però non aveva né la laurea né l’abilitazione. Seguendo questi contatti siamo arrivati ad intercettare Mafrici che da Reggio Calabria si era spostato a Milano, precisamente in uno studio commerciale-legale ubicato in via Durini 14. Mafrici inoltre, sarà pizzicato a intrattenere rapporti con Francesco Belsito, l’ex tesoriere della Lega Nord, coinvolto in un altro filone dell’inchiesta ‘Brekfast'”. Essendo intercettato gli inquirenti hanno ascoltato le numerose conversazioni che intercorrevano fra il sedicente avvocato e Amadeo Matacena che si era presumibilmente rivolto a Mafrici per ottenere un finanziamento da impiegare per il pagamento della nave “Il cigno nero”. “Questo finanziamento – ha affermato in aula Papaleo – però non andò a buon fine; intercettando Mafrici quindi siamo riusciti a reperire i numeri delle utenze francesi di Matacena e alcune di esse erano intestate proprio alla Rizzo; abbiamo intercettato la moglie e abbiamo appurato che c’erano dei numerosi contatti telefonici fra la Rizzo e Scajola”. Contatti che verranno approfonditi e sviscerati al Collegio presieduto da Natina Pratticò nella prossima udienza fissata per il sette gennaio. Prima della chiusura del dibattimento il pm Lombardo ha annunciato la produzione di un’ulteriore attività di indagine che arrichirà il quadro accusatorio.
(A.P.)