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    Cinque anni senza giustizia: la Calabria ricorda Franco Nisticò

    di Stefano Perri – ”Solo la lotta porta risultati. Bisogna continuare a lottare unendo le vecchie e le nuove generazioni, per dare una speranza a questa Calabria abbandonata da tutti. Questo è l’unico ponte che bisogna fare. La speranza siamo tutti noi, vecchi e giovani insieme”.

    Il 19 dicembre 2009 in piazza a Villa San Giovanni sono in migliaia. Un enorme serpentone colorato, forse l’ultima imponente manifestazione del movimento No Ponte. Un coro di voci per ribadire, per l’ennesima volta, la contrarietà nei confronti di un’opera che sul territorio, almeno agli occhi di una larga parte della popolazione, è sempre stata considerata più uno spot elettorale che un’infrastruttura necessaria.

    Una battaglia vinta dal movimento, si direbbe oggi che la politica sembra aver definitivamente abbandonato l’idea dell’attraversamento stabile dello Stretto di Messina, almeno così come era stato concepito negli anni ’90, nel pieno dei Governi targati Berlusconi.

    Una battaglia che però ha lasciato sul terreno le sue vittime, martiri sulla strada impervia di un’idea di sviluppo nuova e alternativa, che rispetti il territorio, che parta dalle sue prerogative, ascoltando le comunità e che, soprattutto, non lasci indietro nessuno.

    no ponteFranco Nisticò quel 19 dicembre di cinque anni fa è a Villa San Giovanni. Sul palco di Cannitello dopo il lungo corteo tra le vie della cittadina dello Stretto tiene il suo discorso in qualità di presidente del Comitato per la SS 106, ma anche di ex Sindaco di Badolato e, sopratutto, in qualità di calabrese arrabbiato.

    Un intervento intenso, accorato, al termine del quale l’attivista No Ponte si accascia sul palco per un malore. Attimi di panico, Franco sta male. Un’ambulanza, serve un’ambulanza. Passano minuti infiniti. Franco Nisticò muore stroncato da un infarto. In piazza centinaia di uomini delle Forze dell’Ordine, nessuno che sia riuscito a salvare la vita di un uomo che da quel palco sul lungomare di Cannitello a Villa San Giovanni, non è mai sceso.

    ”C’erano le guardie ecozoofile – scrive qualche attivista pochi giorni più tardi – l’indecifrabile polizia locale, un fastidioso elicottero che ha sorvolato il corteo dal primo all’ultimo minuto, le divise verde smeraldo e fregi dorati della polizia provinciale, persino l’imbarcazione delle forze dell’ordine che costeggiava il lungomare Cenide. Ma non una ambulanza vera, che avrebbe salvato la vita di Franco Nisticò”.

    Polemiche, tante polemiche, seguono la morte di Franco Nisticò. A detta del movimento un dispiegamento di forze dell’ordine eccessivo per una manifestazione rivelatasi assolutamente pacifica. Ed allo stesso tempo una scarsa attenzione alla sicurezza dei manifestanti, alla loro incolumità. Tragica fatalità o errori di valutazione nella gestione dei mezzi di soccorso in piazza?

    IL PROCESSO – ”Io sono orgoglioso perché i miei figli stanno continuando a lottare” aveva detto Franco sul palco di Villa San Giovanni pronunciando di fronte alla folla le sue ultime parole. Una sorta di testamento consegnato nelle mani del movimento, ma anche nelle mani di suoi figlio, Guerino, anche lui quel giorno in piazza da attivista No Ponte, anche lui da anni impegnato per la salvaguardia dell’ambiente e del territorio e negli ambienti della politica universitaria. Battaglie alle quali si è aggiunta, da quel 19 dicembre 2009, anche quella per l’individuazione delle responsabilità per la morte di suo padre.

    Cinque anni dopo il processo sui fatti di Villa San Giovanni è ancora in corso. L’unico imputato al momento è il medico del 118, ”un facile capro espiatorio – lo definisce oggi il movimento – per un dramma che ha come unico colpevole chi ha voluto militarizzare una città, cavalcando il rischio black block per sviare l’attenzione rispetto alle vere questioni. Chi ha fatto questo porta sulla coscienza una morte che molto probabilmente si sarebbe potuta evitare”.

    L’impressione comunque è che sulla ricostruzione giudiziaria della morte di Franco Nisticò ci sia ancora tanto da dire. Il figlio Guerino non si è mai dato per vinto. Certo di poter dimostrare che quella morte si poteva evitare. La sua è divenuta la battaglia di un intero movimento.

    guerino e franco nisticò

    IL MOVIMENTO RICORDA – ”A distanza di cinque anni da quel dramma, che è rimasto una ferita aperta in tante e tanti di noi, non possiamo permettere che questa giornata passi inosservata”. E’ questo l’appello lanciato dagli attivisti calabresi che si incontreranno oggi, nel quinto anniversario della morte di Franco Nisticò, ad un’iniziativa pubblica, al fianco dei familiari, prevista a partire 17:30 al centro socioculturale Nuvola Rossa di Villa San Giovanni.

    Un’occasione per ritrovarsi, per tornare sul luogo dove quel 19 dicembre 2009 si è consumata la tragedia che ha segnato un intero movimento, per rilanciare la richiesta dell’intitolazione di una strada a Franco, ma anche un modo per ricominciare a ragionare ”sulle problematiche che avevano portato a quella manifestazione”.

    ”Oggi il Ponte sembra un mostro sconfitto, anche se ogni tanto il suo fantasma riappare per stuzzicare interessi mai sopiti, eppure le condizioni per l’attraversamento dello Stretto sono addirittura peggiorate in questi anni, sia per i pendolari che per i lavoratori del settore, mentre la SS106 continua a mietere vittime in un contesto che vede la Calabria sempre più isolata”.

    Le battaglie di Franco per la Calabria, la battaglia della Calabria per Franco. Memoria, rabbia, speranza che si mescolano ancora, cinque anni dopo.