di Clara Varano – “Nessuno è nemico di Reggio Calabria, a differenza di quanto qualcuno voglia far credere”. Una linea sottile a Reggio Calabria separa chi racconta la città e lo fa con occhio critico da chi vorrebbe che la città non conoscesse, non sapesse, non dicesse e dichiara che è “nemico di Reggio” chiunque scandagli il territorio. Una frase detta più volte che ha creato una spaccatura, due fronti, ma che in verità nasconde una semplice ed agghiacciante realtà: c’è una Reggio che non “deve” essere conosciuta fuori dai confini. “Della Calabria meno si sa e meglio è per il resto dell’Italia”. È questo il tenore della conversazione che ieri Giusva Branca e Raffaele Mortelliti hanno avuto a Reggio, presso “La Luna Ribelle”, con i giornalisti Gianfrancesco Turano, Franco Arcidiaco e Giuseppe Baldessarro, nell’ambito della rassegna Tabularasa. Al centro del dibattito un libro che ha la città dello Stretto come protagonista: “Contrada Armacà”, dello stesso Turano. “Reggio è una città vista in modo diverso da chi resta e da chi va – sottolinea Arcidiaco – e il libro ne è una dimostrazione”. Minuto dopo minuto, i protagonisti tratteggiano i contorni di una Reggio snodo fondamentale per l’Italia e non solo per la Calabria. “La nostra è una città che ha una radice culturale molto profonda di cui qualcuno tende a dimenticarsi – spiega Turano –. A Reggio, succedono cose importanti per tutta l’Italia, bisognerebbe, quindi, concentrarsi maggiormente su ciò che accade qui, invece di guardarla con occhio distratto. Invece, ad un certo punto, qui si decide che certe cose devono essere dimenticate”. Accade spesso invece che “si faccia molta fatica a proporre storie calabresi”. “Perché si parli della Calabria – continua Turano – è necessario che succeda qualcosa di eclatante, sensazionale. Allora la notizia può passare. Questo agevola chi vuole che non si ‘dica’, perché in fondo la scarsa mediatizzazione è pianificata”. A Reggio Calabria, tutto “è rimesso alla capacità critica del singolo – sottolinea Mortelliti –. Non si parla di ‘ndrangheta, veramente, a nessun livello. Ogni decisione, nel bene e nel male è soggettiva”. Questo è un posto “dove – evidenzia Turano – è capitato a chiunque di avere compagni di scuola arrestati”. “Negli anni ’70 – dichiara Turano – a Reggio c’è stato un salto di qualità nel sistema criminale ed in alcune persone è scattato il meccanismo del negazionismo. Nel resto del mondo se arrestano uno ‘ndranghetista il suo vicino di casa dirà: ‘Ma no, era una persona perbene, a modo’. Questa è la ‘ndrangheta. Solo che qui mettono le bombe, fuori fanno le persone educate”. “Io – chiarisce Baldessarro – ho come la netta sensazione che la nostra città viva nel dubbio e che nel dubbio abbia la capacità di fare sempre la scelta sbagliata. Come a dire: ‘Nel dubbio faccio il garantista’. Noi nel dubbio non siamo mai chiari e ‘chi mi critica ha torto’. Qui, questa cosa è diventata regola”. Non manca un focus sul porto di Gioia Tauro considerato uno snodo primario per i traffici illegali internazionali della ‘ndrangheta. Il riferimento è andato a Gioia Tauro, al delitto di Rocco Molè, all’egiziano sorpreso in un container, all’ex ufficiale della Marina militare Giorgio Hugo Balestrieri e ai suoi affari nel porto gioiese, al delitto del barone Musco. “L’opera narrativa di Turano – ha affermato Arcidiaco – accende un faro proprio sul porto di Gioia Tauro, sul suo ruolo nelle alleanze e negli scenari internazionali più articolati”. In ultimo, però, quello che diventa centrale è la città, il suo ricordo “romantico e l’ironia sottile che nel libro – come sottolinea Branca – è molto rimarcata”, proprio per l’obiettivo, che Turano dichiara senza timore, di “ dare una dignità quantomeno nazionale ad una regione che ha avuto una dignità a tratti e questo può avvenire grazie all’ironia che ci contraddistingue”.
A seguire spazio alle note di Domenico Bucarelli & Band, nell’ambito della rassegna “Carnefresca”, dedicata alle nuove ed indipendenti sonorità dei musicisti calabresi.
(Foto di Antonio Sollazzo)