di Clara Varano – “I conti con la storia” è il titolo dell’ultimo libro, edito Rizzoli, di Paolo Mieli, presidente di Rcs Libri. Ospite di Tabularasa 2014, Mieli ha presentato ieri il suo ultimo lavoro a Lamezia Terme, dove, in una piazzetta San Domenico, gremita, ha discusso con Giusva Branca e Raffaele Mortelliti, ideatori della rassegna, e il sindaco di Lamezia, Gianni Speranza, della storia, del suo ruolo nella vita sociale, ma non solo. Come sempre, Paolo Mieli, ama spaziare e contaminare le sue analisi, integrando argomenti di diversa natura, tutti però riconducibili gli uni agli altri. Così, sul palco di Tabularsa, si è discusso di politica, di ‘ndrangheta, di Calabria, con interventi e confronti con un pubblico molto partecipe. “Serate come queste – ha esordito Mieli – sono il seme di una rinascita potente. Con gli anni è venuta meno questa forma di confronto, che un tempo era organizzata dalla politica, che scendeva in campo per dialogare con l’elettorato, con la gente”.
Un ruolo che i politici hanno smesso di rivestire preferendo la tv come divulgatore di un messaggio “autoreferenziale”, abbandonando completamente la crescita civile del Paese. “Questa crescita, oggi – ha continuato Mieli – è affidato agli intellettuali e a rassegne come Tabularasa, dietro al quale c’è un lavoro bestiale degli organizzatori, che sperano che la formazione culturale e politica della gente torni ad essere quella di una volta. Semplicemente Tabularasa forma un tessuto che innerva un Paese in cui i politici hanno smesso di parlare in maniera efficace”.
Una realtà con cui, però i politici presto dovranno fare i conti. “Se la gente non vede i rappresentanti politici, considerati gli umori ormai palpabili della popolazione, questi possono considerarsi finiti. Per questo prima o poi sarà necessario tornare nelle piazze, ma non come fanno adesso per pura propaganda. Tornarci davvero, costantemente. Tornare a rendere conto del proprio operato in piazza, l’unico posto dove è possibile un confronto libero”. Una politica, dunque, che nell’ultimo ventennio si è allontanata dalle persone diventando inarrivabile. “Questo modo di fare politica è stato inaugurato ed è divenuto l’emblema propagandistico di quello che viene definito ventennio berlusconiano. Una definizione imprecisa di questa epoca, che per ragioni di semplificazione viene così raccontato. In verità è un errore”.
Si entra nel vivo del ruolo degli storici e del libro di Paolo Mieli che attraversa duemila anni. “Circoscrivere l’ultimo ventennio alla figura di Berlusconi – ha chiarito il presidente di Rcs – è il più grosso errore che i comunicatori, mi ci metto pure io possano fare. Perché non è vero che al governo in vent’anni c’è stato solo Berlusconi. Diciamo che ci sono stati anche altri rappresentanti che per demerito o perché faceva loro comodo hanno consentito a Barlusconi, ogni volta di essere rieletto. Questa è la verità. La verità storica, con la quale prima o poi tutti dovremo fare i conti. Rivedere la storia, come ho cercato di fare io, significa liberarla dalle semplificazioni, perché ci sono delle responsabilità per quello che è stato detto e con queste dobbiamo confrontarci”. Una mistificazione della storia che ha falsato la realtà dei fatti agli occhi della maggior parte delle persone, anche relativa agli anni recenti. “Per questo è necessario rimettere a posto le idee sulla storia” ha sottolineato Mieli. Una distorsione dei fatti che la Calabria ha vissuto, da sempre, sulla propria pelle.
“Questa terra – ha spiegato Mieli – viene vista in modo deformato proprio per questo motivo. La Calabria dalla storia, può ottenere molti più riconoscimenti che dalla politica. L’immagine che ne viene data è deformata dalla politica che la rappresenta. Dai moti del ’71, da allora la Calabria ha cambiato volto, divenendo solo terra di rapine e dove sono stati e sono commessi delitti terribili e trovo assurdo che non si riesca a cogliere l’altro volto della Calabria di cui nessuno tiene conto e che deve essere raccontato. Qui c’è un grosso lavoro da fare”. Una Calabria, un Sud, quindi, mal raccontati e se qualcuno ci prova immediatamente si cerca di confutare quel racconto di verità. “I libri di Pino Aprile che ripercorrono la storia del Sud presentando dei dati che parlano di opportunismo e di colonialismo nei confronti del Meridione sono incontestabili, eppure qualcuno ci ha provato dicendo che ci sono delle incongruenze. Io leggendoli non le ho trovate. Ecco, qui lo storico ha fallito, perché è una vergogna che sia dovuto arrivare un giornalista a fare un’analisi precisa di fatti storici avvenuti tanto tempo fa. A tirarli fuori avrebbero dovuto essere gli storici”. Il compito degli storici, degli intellettuali, dei giornalisti anche, dovrebbe essere per Mieli, quello di far passare un’idea diversa nel Paese della Calabria. E questo succede se chiunque abbatte i pregiudizi “e il pregiudizio si abbatte” conclude Mieli “alzandosi e andandosene se qualcuno parla di una qualunque regione negativamente solo per preconcetto”.