di Claudio Labate – Detto della dimensione regionale del voto del 25 maggio per le europee, la tornata elettorale mandata ormai in archivio può rappresentare un valido termometro dello stato di salute politico della città di Reggio Calabria.
Anche alla luce del dopo Politiche 2013 (primo vero banco di prova elettorale per il M5S), quando i partiti tradizionali, con le loro percentuali non proprio soddisfacenti balbettavano davanti al dato elettorale, senza dire chiaramente chi aveva vinto e chi aveva perso quelle elezioni. Il solito politichese imponeva, allora come oggi in certi casi, di rivolgersi ai cittadini con le strategiche e a volte vuote considerazioni all’insegna del più classico ‘’abbiamo tenuto’’.
E poco più di un anno (da quel febbraio 2013) può essere un periodo sufficientemente ampio per capire qual è la nuova tendenza che va affermandosi in riva allo Stretto. E i mesi che ci separano dalle nuove scadenze elettorali, previste per il prossimo autunno, forse rappresentano un tempo sufficientemente utile ai leader locali degli schieramenti, per capire le strategie nuove da adottare per non soccombere definitivamente o affidarsi nuovamente ad un laconico ‘’abbiamo tenuto’’.
In provincia FI insegue davanti ai 5 Stelle
Nel 2013, in Provincia di Reggio, con riferimento alla Camera (quindi con un elettorato più ampio, anche sotto i 25 anni), votò una percentuale complessiva del 59,70% degli aventi diritto. L’allora Popolo della libertà si assestò sul 26,57% dei voti, il Movimento 5 Stelle al 22,46% e il Partito Democratico al 21,72%. Staccato di parecchio, Scelta civica con il 5,55%. Reggio città vide invece la clamorosa affermazione del M5S con il 28,48%, seguito dal Pdl al 23,40% e dal Pd con il 21,32%. Scelta civica raccolse il 6,15%.
Il dato provinciale di queste europee, che hanno portato al voto il 41,39% dei votanti, non lascia dubbi di sorta, incoronando il Partito democratico con il 34,04% (62.735 voti) delle preferenze. Quasi 13 punti percentuali in più rispetto alle Politiche 2013. Un’enormità. Con il 17,05% (31.431 voti) il Movimento 5 Stelle esce ridimensionato rispetto al lusinghiero 22,46% del 2013. Mentre Forza Italia, con il suo 22,68% e quasi 42 mila voti può, a ragione, fare la voce grossa all’interno del Centro destra, dove il NCD/Udc con il 14,05% (e 25.904 voti) sembra, nonostante sia la sua prima apparizione sulla scheda elettorale, ad una distanza siderale dai vecchi compagni di viaggio. Certo, alle Politiche del 2013 il simbolo sulla scheda era quello del Pdl, e se si fa una semplice e non azzardata riunione di percentuali, la coalizione del centrodestra balza al 36,73%. Il tutto, tenendo fuori dal conteggio Fratelli d’Italia – An che ha racimolato il 3,14% dei voti.
Il Pd riconquista la città. Delusione M5S. Scopelliti perde la sua roccaforte
Il discorso si fa più interessante a Reggio città. Dove il Pd bissa sostanzialemnete il successo netto registrato in provincia con il 34,74% (21.072 voti) e 13 punti in più rispetto al 2013. Ancora più ridimensionato dal livello provinciale appare invece il M5S che perde il 7,2% rispetto alle Politiche quando rompendo tutti gli equilibri esistenti risultò il primo partito in città, passando quindi dal 28,48% al 21,25 (12.891 voti). Solito discorso per il nuovo frammentato centrodestra che, singolarmente, con FI al 15,84% e Ncd/Udc al 14,15%, è staccato di quasi 20 punti ciascuno dai Democrats. Insieme alle Politiche sotto le insegne del Pdl racimolò il 23,40%, ed oggi insieme farebbero registrare un buon 30%, ma sempre tenuti a distanza dal Pd. Anche se nella sommatoria delle percentuali ci mettessimo FdI – An, che in città si ferma al 2,81%.
Dunque, a conti fatti, a Reggio città il Pd recupera clamorosamente il deficit di voti registrato nel 2013, quando cioè era già in corso il declino del centrodestra berlusconiano. Approfittando certamente di due eventi: da una parte l’ascesa e l’affermazione di Renzi che, volenti o nolenti, rappresenta la voglia di cambiare il Paese, come si è visto, in tutta la penisola; dall’altra, altrettanto certamente, il Pd si è giovato dell’anno nero di Giuseppe Scopelliti che, sostanzialmente, perde la sua roccaforte di voti, fino a ieri inespugnabile, dopo la condanna rimediata nell’ambito del tormentato ‘’caso Fallara’’ e il balletto delle dimissioni da Presidente della Regione. In mezzo ci sta un partito che ha rinnovato i suoi organismi regionali e locali, che per una volta ha fatto la parte del centrodestra compattandosi sul suo leader.
Da parte sua il NCD non può che dirsi soddisfatto del risultato raccolto in ottica nazionale. Almeno a giudicare dalle percentuali. Altro discorso è invece la personale corsa di Scopelliti che, travolto dalla vicenda giudiziaria e dalle logiche conseguenze, ha voluto a tutti i costi trasformare la tornata elettorale per le europee in una sorta di referendum sulla sua figura. I 6660 voti raccolti in città, e i 15137 complessivi in tutta la provincia, parlano di una sostanziale débâcle. Sono ormai lontane le cifre bulgare dell’elezione a sindaco e quelle rassicuranti delle regionali del 2010. E la domanda più ricorrente in questo momento rimane una ed una sola: cosa farà adesso Scopelliti, tradito nella sua terra dai suoi stessi ex amici? Che certo non possono annoverarsi nelle fila di Forza Italia, la cui ala nel Pdl ha dato sempre battaglia all’ex Governatore. E tuttavia, in città i berluscones riescono a stare davanti ad un Ncd, azzoppato dalla figura offuscata del suo leader in pectore, solo per poco più di un punto percentuale.
Ci sarà dunque da lavorare nel centrodestra cittadino, già stretto da scelte difficilissime, in vista della tornata elettorale del prossimo autunno. Anche se, per la verità, il futuro immediato sembra già delinearsi in maniera chiara.
Un’analisi approfondita va fatta anche dalle parti del Movimento 5 stelle. Aver perso per strada, nell’arco di poco più di un anno più di 7 punti percentuali, non è semplice. Il lavoro delle articolazioni locali dei Pentastellati evidentemente non ha pagato. Forse per colpa di una struttura ancora troppo giovane e in certi casi sfilacciata, fatto sta che cedere di schianto il passo all’avversario più demonizzato nell’ultima parte di campagna elettorale, è un dato che deve fare riflettere chi ha contribuito a perdere un patrimonio di voti e soprattutto di fiducia, tributati appena un anno fa.
E poco conta, nel caso del M5S, l’astensionismo. Che in molti definiscono come la nuova frontiera del voto di protesta. Chi voleva opporsi al ‘’sistema’’ e mandare a casa i matusalemme della politica è andato alle urne. Chi non è andato è semplicemente da considerare come un deluso. Esattamente il paniere dove i Pentastellati speravano di pescare.
E d’altra parte… gli assenti hanno sempre torto.