di Stefano Perri – Esiste un ”consiglio d’amministrazione” della ‘ndrangheta. Che elegge un suo ”Presidente”. La relazione della Direzione Nazionale Antimafia certifica nuovamente l’unitarietà della criminalità calabrese, ”un dato – si legge nella relazione – che giudiziariamente ha trovato plurime conferme in sede cautelare e di merito”. Un organismo unitario dunque, per il quale ”regole e riconoscimento reciproco, cui conseguono ordine e coordinamento, erano e restano indispensabili”.
Il Procuratore Nazionale Antimafia Franco Roberti, nella relazione annuale presentata stamani alla presenza della Presidente della Commissione Antimafia Rosy Bindi, descrive l’universo ‘ndrangheta, inserito nel contesto criminale italiano ed internazionale.
Esiste un capo dunque, con una sorta di ”cda” che rappresenta l’organismo di coordinamento. ”Del resto – si legge nella relazione della Dda – era difficilmente ipotizzabile che ad amministrare centinaia di milioni di euro, a governare dinamiche economiche, lecite ed illecite, in decine di comparti diversi e che attraversano, non solo l’Italia, ma buona parte del pianeta, dall’Australia al Sud America, dall’Europa al Nord America passando per tutti i possibili paradisi fiscali, potesse essere questione affidata allo spontaneismo anarcoide di gruppi criminali disseminati e slegati, di decine e decine di cosche e locali, sorta di piccole monadi auto-referenziali”.
Per come accertato dai magistrati della Dna dunque, quello della ‘ndrangheta è dunque un contesto ben codificato. Un drago con centinaia di teste che però tiene i piedi piantati saldamente lì dove affondano le radici del fenomeno, in provincia di Reggio Calabria, dove la ‘ndrangheta fa sentire con forza la sua presenza.
Da questo punto di vista la relazione della Direzione Nazionale Antimafia ha focalizzato due settori dominanti per gli affari illeciti della ‘ndrangheta: il traffico internazionale di stupefacenti e la pervasività nelle pubbliche amministrazioni. Proprio su questo ultimo punto, in riferimento al territorio reggino, ”le indagini hanno evidenziato – si legge nella relazione – la particolare capacità della ‘ndrangheta cittadina di inserirsi nella gestione delle cd società miste – pubblico/privato – attraverso cui vengono forniti i principali servizi pubblici alla cittadinanza. In particolare, attraverso una serie concatenata di prestanomi, la ‘ndrangheta ha il controllo totale delle quote di spettanza del partner privato e, attraverso la sua capacità collusiva ed intimidatoria, riesce a condizionare la parte pubblica”.
La ‘ndrangheta dunque non tralascia nulla. Dagli appalti sulle partecipate a Reggio Calabria ai grandi trusts finanziari internazionali. Una strategia apparentemente disorganica che però – come accertato dalla Dna – ha una regia unica e regole codificate.
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Presentata la relazione annuale della Direzione Nazionale Antimafia