Iniziata da qualche ora, davanti ai giudici del Tribunale della libertà di Reggio Calabria l’udienza per il riesame dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa nei confronti di Claudio Scajola nell’ambito dell’inchiesta sul presunto aiuto fornito ad Amedeo Matacena a sfuggire alla cattura dopo la condanna definitiva a 5 anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa. I legali dell’ex ministro, Giorgio Perroni e Elisabetta Busuito, hanno chiesto l’annullamento dell’ordinanza o in subordine gli arresti domiciliari. Scajola è detenuto nel carcere romano di Regina Coeli dall’8 maggio. Agli atti dell’udienza è stato depositato anche il file audio dell’interrogatorio sostenuto davanti ai magistrati Giuseppe Lombardo e Francesco Curcio il 16 maggio scorso.
“Sulla vicenda della casa” a Roma davanti al Colosseo, “sono politicamente morto, per due motivi: uno perché la cosa era eclatante e spaventosa, secondo per la mia verità che è diventata la verità nella motivazione della sentenza di primo grado”. E’ quanto dice Claudio Scajola ai pm. “Mi sono dimesso – prosegue – dopo avere visto i giornali della mia parte politica che mi hanno ammazzato. Capivo che non ero difeso da nessuno”. “Andai da Berlusconi – prosegue Scajola nell’interrogatorio davanti ai pm – e gli dissi ‘il processo sta andando bene’ e lui mi rispose ‘ma te l’ho sempre detto è prescritto’. ‘Si ma non è questo. Credo anche io che sarà prescritto. Ti chiedo una cosa ho bisogno di vedere e di mettermi alla prova per vedere la mia gente cosa pensa di me, mi voglio candidare alle europee’. Era dicembre e lui mi dice ‘mi pare giusto’. Gli dico, ‘se prendo una sventrata vuol dire che avevano ragione i tuoi giornali, se invece non prendo la sventrata vuol dire che l’opinione pubblica invece ha capito e comunque per me è un’occasione anche di fare una campagna elettorale dove se qualcuno alza il dito e se qualcuno dice qualcosa di questa vicenda so cosa rispondere. Berlusconi mi disse di sì”. Ad una richiesta di chiarimento da parte dei pm su quest’ultimo punto, Scajola ha aggiunto: “mi disse mi pare una cosa giusta non disse si ti candido”.
“Non credevo, e ho detto la mia delusione nei confronti di Berlusconi, non credevo che Berlusconi non mi mettesse in una lista di 21 persone dove eri scelto con le preferenze. Non era un discorso simile a Matacena che avevo tolto dalla lista perché già condannato in udienza ma anche perché lì o votavi lui o non potevi votare centrodestra, c’era un nome solo”. Così Claudio Scajola ha commentato la sua mancata candidatura alle elezioni Europee nel corso dell’interrogatorio davanti ai pm. “Non immaginavo – prosegue – non mi mettessero in lista dopo un’assoluzione con tutti quelli che erano in lista in Forza Italia. La mia preoccupazione era mi eleggeranno. Saltavo il discorso che potessero pensare non lo vogliamo perché lo abbiamo scaricato. Non arrivavo a pensare questo. Pensavo a qualcuno in Fi che pensasse ‘arriva questo in Fi che è un casino l’aveva organizzata bene al 30% dieci anni fa casomai riesce a rimetterlo in piedi meglio non averlo tra le balle’, questo potevo immaginarlo”. “Ho chiamato tre volte Berlusconi a telefono – dice poi Scajola – e non mi si è fatto passare. Per 20 anni di fila telefonavo e me lo passavano subito, a qualunque ore del giorno e della notte. Quando fui prosciolto sul problema casa, ero ancora in piedi per la lettura del dispositivo, suonò il mio telefono: era Berlusconi che mi diceva ‘ho sempre creduto in te’. Mai più riuscito a parlargli”. Il “bisogno” politico “di mettermi alla prova per vedere la mia gente cosa pensa di me” dopo la vicenda della casa con vista sul Colosseo ed anche “per accontentare” Chiara Rizzo “perché ero riuscito a darle una collaborazione con Abbrignani e dico, casomai le posso trovare il modo di avere .. perché la mia idea era che questa qui potesse trovarsi un suo lavoro, facesse una sua cosa”. Così Claudio Scajola ha motivato, davanti ai pm, la sua volontà di candidatura alle elezioni europee del maggio scorso. “Questa – ha detto Scajola – era la motivazione politica. Anche perché il parlamento europeo non fa gestione, la fa la commissione con il governo. La facevo io in parte quando ero ministro per lo Sviluppo economico perché avevo i fondi strutturali”.
“Speziali mi disse che aveva incontrato diverse volte Dell’Utri. Io ho sempre arguito che lui (Speziali, ndr) per la sua candidatura dovesse cercare gli sponsor che poteva quindi anche Dell’Utri poteva essere utile. Forse dopo il casino di Dell’Utri, lui dice è tantissimo tempo che non lo vedevo”. Vincenzo Speziali, nipote omonimo dell’ex senatore del Pdl, è l’imprenditore catanzarese che vive in Libano che, secondo l’accusa, si sarebbe mosso per far spostare Amedeo Matacena da Dubai, dove si trova, a Beirut e fargli avere l’asilo politico per sottrarlo all’estradizione. (ANSA)