1. In primo luogo queste Sezioni Unite dispongono la riunione dei due reclami in epigrafe, alla luce della chiara connessione
soggettiva e oggettiva; la riunione, difatti è istituto processuale di carattere generale, cui sono sottese ragioni di economia
procedurale (v. art. 37, comma 5, del codice di giustizia sportiva del C.O.N.I.)
2. Inoltre ritengono che sia doverosa una premessa di carattere generale per inquadrare la fattispecie e i principi che scaturiranno
dalla presente decisione.
2.1 Ebbene, è stato già ribadito da questo organo giudicante che lo scrutinio richiesto al giudice sportivo in materia disciplinare non
comporta la celebrazione di una sorta di “processo parallelo”, o tanto meno di un processo sovrapposto rispetto alla giurisdizione
ordinaria (civilistica o penalistica) o alle eventuali responsabilità che ne conseguono degli amministratori di una società sportiva,
oltretutto professionistica, come nel caso di specie.
Oggetto di valutazione è – invece e sempre – il rispetto delle regole fondamentali poste a presidio della regolarità di gestione delle
società sportive e dei comportamenti esigibili nei confronti dei relativi rappresentanti e/o soci, anche al fine di garantire una parità
di base per tutti i contendenti nell’agone sportivo. Il principio del c.d. “fair play” costituisce l’in sé dell’ordinamento sportivo e
culmina in ogni caso nella declinazione dei doveri di lealtà, probità e correttezza richiamati dal Codice di Giustizia Sportiva all’art.
4 (anche in relazione all’art. 21, commi 2 e 3, delle N.O.I.F.). Tale Codice, del resto e come detto dagli stessi reclamanti, non opera
un richiamo (come pure avrebbe potuto) alle norme sostanziali del codice civile e, dunque, alle relative regole attuative o di
interpretazione e neppure ciò accade per lo Statuto della F.I.G.C. (art. 19), che a sua volta si riferisce a clausole “aperte”, di
“equilibrio economico e finanziario” e di “corretta gestione” delle società sportive, fondandosi su regole “elastiche” come
differentemente non potrebbe essere.
Il giudice sportivo, dunque, non è deputato a valutare le responsabilità “ordinarie” e neppure deve soffermarsi – nel caso di
sottoposizione a procedura paraconcorsuale o concorsuale che sia, di una società sportiva – sulle perdite economiche che ne
derivano o sugli strumenti che la società sceglie per cercare di uscire da una crisi economica momentanea, ma deve valutare il
rispetto di quella che potrebbe definirsi – parafrasando le regole di una competizione proprie di una procedura ad evidenza pubblica
– la “lex specialis” costituente l’ordinamento sportivo in sé considerato.
Tale giudice è chiamato a rilevare con tale disciplina speciale – autonoma da quella ordinaria – se le modalità con le quali il
soggetto deferito si è comportato o per il contesto nel quale ha agito, hanno determinato o meno una compromissione dei valori cui
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si ispira l’ordinamento sportivo (v. parere del Collegio di Garanzia del C.O.N.I. n. 5/2017).
Per tale ragione, le regole etiche e le clausole generali di correttezza e buona fede, in ambito sportivo, acquistano uno specifico
rilievo giuridico e vanno considerate clausole di chiusura del sistema, poiché evitano di dover considerare permesso ogni
comportamento che nessuna norma “ordinaria” vieta e facoltativo ogni comportamento che nessuna di tali norme rende
obbligatorio (CFA, SSUU, n. 4/2021-2022).
2.2 Premesso ciò, prende spessore quanto evidenziato nella seconda delle decisioni del Tribunale Federale Nazionale impugnate,
secondo cui “…viene riservata all’ordinamento sportivo la disciplina di questioni aventi ad oggetto l’osservanza e l’applicazione
delle norme regolamentari, organizzative e statutarie dell’ordinamento sportivo nazionale e delle sue articolazioni al fine di
garantire il corretto svolgimento delle attività sportive ed i comportamenti rilevanti sul piano disciplinare e l’irrogazione ed
applicazione delle relative sanzioni disciplinari sportive”, con la conseguenza per la quale rileva comunque “…il pacifico
inadempimento nei rapporti privati con dipendenti e collaboratori dell’obbligo di pagare gli emolumenti, di versare le ritenute
fiscali ed i relativi contributi entro prefissati termini, come preciso indicatore della stabilità economica-finanziaria delle società
sportive, tanto da prevedere un sistema di controlli ad opera dell’Autorità Federale demandata”.
Ecco che del tutto condivisibile è la conclusione del giudice di primo grado, secondo cui “Certamente le società iscritte ai
campionati professionistici non possono eludere o manipolare unilateralmente termini o modalità stabiliti per l’esercizio della
vigilanza economica e finanziaria, per il rilievo essenziale di tale profilo come sopra evidenziato rispetto alla regolarità delle
manifestazioni sportive organizzate, alla parità di trattamento degli altri partecipanti, all’affidamento generale sulla regolarità della
manifestazione. Per queste ragioni, le specifiche violazioni contestate per gli omessi versamenti (art. 85 NOIF e 33 C.G.S.)
vengono ascritte all’Amministratore delegato anche sotto il profilo della violazione degli obblighi generali di cui all’art. 4 del
C.G.S.”.
Queste Sezioni Unite, pertanto, concordano nel concludere che i richiamati principi dell’ordinamento settoriale e le regole che ne
presidiano la tutela non possono essere disattesi, o aggirati, dal pur legittimo accesso della società Reggina 1914 s.r.l. ad uno degli
strumenti previsti dall’ordinamento statale, nel caso di specie dal deposito del ricorso del 19 dicembre 2022 innanzi al Tribunale di
Reggio Calabria, Sezione Fallimentare, tendente all’omologa degli accordi di ristrutturazione e di transazione su crediti tributari e
previdenziali, ai sensi dell’art. 40 d. lgs. n. 14/2019 cit., con le caratteristiche individuate dal Tribunale ordinario e con la finalità di
salvaguardare l’attività aziendale.
E ciò perché l’interesse dell’ordinamento settoriale risiede nell’esigenza di garantire la stabilità economica e finanziaria dei
partecipanti ai campionati nazionali, come parametro fondamentale, e nel verificare “nel continuo”, attraverso l’informativa
periodica, la sussistenza della “precondizione” per mantenere il titolo idoneo all’iscrizione al campionato successivo, nel rispetto
della “par condicio” con le altre compagini sportive partecipanti alla competizione (nel caso di specie il campionato nazionale
professionistico di serie B).
Proprio in virtù della reclamata – e condivisa da queste Sezioni Unite – autonomia dei due ordinamenti, la disciplina statuale non è
in grado di impedire, o anche solo di sospendere, l’efficacia delle normative dell’ordinamento settoriale sportivo, frutto di spontanea
adesione, con affiliazione e tesseramento, per cui le vicende interne alla stessa procedura ex d.lgs. n 14/2019, compresi i dinieghi
alle autorizzazioni di pagamento, in quanto tali e le relative conseguenze, non possono essere sottratte al vaglio dell’ordinamento
sportivo, rientrando invece nel novero dei rischi d’impresa connessi alla procedura prescelta, così come l’ordinamento sportivo non
può influire su quello statale, nella specie interferendo su termini e decisioni del Tribunale ordinario.
2.4. Queste Sezioni Unite aggiungono che la opponibilità alla valutazione della giustizia sportiva dei dinieghi da parte
dell’ordinamento statale potrebbe essere sostenuta solo dalla dimostrazione, da parte della società interessata, tramite il suo
amministratore, di avere fatto tutto il possibile per illustrare all’organo statale le conseguenze derivanti dal mancato rispetto dei
termini di pagamento, nel caso di specie di cui all’art. 85 delle N.O.I.F., sforzandosi – proprio in virtù di quel “quid pluris”
derivante dalla sua volontaria sottoposizione (anche) all’ordinamento sportivo – di fare qualcosa di ulteriore rispetto a una
“normale” compagine societaria di diritto civile (a cui è sufficiente rispettare le condizioni e i termini fissati dal Tribunale
fallimentare), proprio per affermare la piena volontà di rispetto anche dei principi generali di cui all’art. 4 del C.G.S. sopra
richiamati.
E’ chiaro che, una volta pronunciatosi il Tribunale Fallimentare, la società non poteva derogare alla strada indicata (nel caso di
specie la mancata autorizzazione ai pagamenti) ma doveva porsi nella condizione di aver dimostrato di aver fatto quanto possibile
per fornire al Tribunale ordinario ogni strumento per decidere anche sullo sfondo delle norme dell’ordinamento sportivo.
In particolare, la società, nel caso di specie, avrebbe dovuto premurarsi, oltre a significare la perentorietà dei termini di cui all’art.
85 cit. e la loro rilevanza per il rispetto della “par condicio” sportiva, di provvedere con la massima sollecitudine a depositare gli
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accordi di ristrutturazione dei debiti conclusi con i creditori e la transazione fiscale concernente i crediti tributari e previdenziali,
fornendo così adeguati strumenti di conoscenza della specifica situazione al Tribunale fallimentare, prima delle scadenze del 16
febbraio 2023 e del 16 marzo 2023.
E’ vero che, dal punto di vista “civilistico”, la Reggina era ancora “in termini” quando ha presentato le istanze di autorizzazione e il
limite per la presentazione del “Piano di ristrutturazione” era ancora aperto, ma ciò solo dal punto di vista della procedura
concorsuale in corso.
Quel “quid pluris” che era richiesto sotto il profilo dello (autonomo) ordinamento sportivo era proprio lo sforzo di provvedere in
tale senso, al fine di consentire anche il rispetto dei termini posti dall’ordinamento di cui alle N.O.I.F.; né la società reclamante e il
suo amministratore hanno fornito elementi idonei in questa sede a giustificare tale “ritardo”.
2.5. Il principio di diritto che ne deriva è, quindi, quello per il quale la sottoposizione a una procedura concorsuale prevista
dall’ordinamento statale, pur essendo un “diritto” riconosciuto a una società di capitali dall’ordinamento statale medesimo, non
può costituire in sé un “mantello protettivo” che possa congelare gli obblighi previsti dal parallelo ordinamento sportivo, a meno
che la società non dimostri di aver fatto ogni sforzo che le era possibile per consentire al Tribunale ordinario di avere tutti gli
strumenti per poter provvedere, anche prima della scadenza dei termini da tale autorità concessi nell’ambito della procedura ex art.
40 d.lgs. n. 14/2019 cit.; cosa che, nel caso di specie, è mancata, avendo provveduto la Reggina al deposito di quanto sopra
indicato, a quel che consta, solo il 28 aprile 2023, ben dopo le scadenze del 16 febbraio 2023 e del 16 marzo 2023.
Tant’è che risulta come lo stesso Tribunale di Reggio Calabria abbia precisato che solo con l’esame di tali due documenti sarebbe
stato possibile vagliare l’idoneità del patrimonio attivo esistente all’integrale soddisfacimento dei creditori estranei e che, in
particolare, quel patrimonio non poteva essere, allo stato, intaccato senza conoscere gli accordi ed il relativo piano, pena il rischio
di pregiudicare i diritti prenotativi dei creditori più antichi.
Pertanto, le pur suggestive tesi difensive dei reclamanti, basate sul richiamo alla differenza tra il principio civilistico della “forza
maggiore”, quello generale del “factum principis” e quelli penalistici di cui agli artt. 51 e 650 c.p., ritenuti applicabili al caso di
specie, perdono spessore, così come quelle fondate sulla differenza tra “esimente” e “attenuante” di cui ai dinieghi del Tribunale
ordinario al pagamento, dato che nel caso di specie non è stato giustificato il mancato sforzo di provvedere, anche prima del
termine, alla sottoposizione al Tribunale ordinario di tutti gli strumenti idonei a una decisione ponderata; e ciò anche alla luce delle
conseguenze potenziali derivanti da una penalizzazione in classifica – come poi è stato – che avrebbe potuto incidere in senso
generale anche sulla continuità aziendale, dato che proprio la posizione in classifica potrebbe influire in maniera decisiva sulla
stessa (si pensi all’ipotesi di società ai limiti della “zona retrocessione” e alla potenziale penalizzazione che potrebbe incidere sulla
stabilità stessa della compagine sportiva in caso, non auspicabile, di posizione in classifica negli ultimi posti del campionato di
serie B).
Se, dunque, è certamente compito del Tribunale ordinario, previo parere del Commissario giudiziale, stabilire cosa sia e cosa non
sia indispensabile alla continuità aziendale, nel caso di una società sportiva è fondamentale che l’interessata dimostri alla giustizia
federale di aver fatto ogni sforzo possibile per porre il Tribunale ordinario in condizione di pronunciarsi con piena cognizione prima
della scadenza dei termini previsti per i vari pagamenti dall’ordinamento sportivo.
2.6 Chiarito ciò, la struttura di base delle pronunce del Tribunale Federale Nazionale in questa sede impugnate appare pienamente
condivisibile allorché ritiene censurabile la condotta dei deferiti, là dove risulta che era stata la presentazione di formali istanze di
autorizzazione ai pagamenti – pur nei termini rispetto alle scadenze dell’ordinamento sportivo – non corredate dai documenti utili al
vaglio della correttezza della decisione del Tribunale di Reggio Calabria, che aveva reso impossibile l’accoglimento delle stesse.
Alla luce di quanto dedotto, pertanto, le decisioni di primo grado si sono fondate proprio sull’esame delle condotte espletate dai
deferiti e precedenti ai dinieghi ricevuti, in quanto tali sufficienti per l’irrogazione delle sanzioni in questione, peraltro
particolarmente contenute.
Appare quindi irrilevante a tal fine l’esame dell’ulteriore profilo relativo alla possibilità di ricorso a “finanza esterna”, pure
richiamato dal Tribunale Federale– peraltro oggetto di successivo vaglio da parte della Procura Federale derivante da quanto
dedotto in conclusione della prima sentenza impugnata in questa sede – in quanto tale mancato avvalimento è solo un argomento
ulteriore, e ancora al vaglio della Procura Federale, ma non è stato quello fondamentale sulla base del quale si sono fondate le
sanzioni, per quanto detto in precedenza.
Per tale ragione queste Sezioni Unite confermano le sentenze impugnate nella parte in cui ritengono congrua e proporzionata la
sanzione inibitoria al rappresentante legale e ritengono che la società debba risponderne sia a titolo di responsabilità diretta, per la
violazione dell’art. 6, comma 1, del C.G.S, vigente, in conseguenza dei comportamenti posti in essere dal sig. Paolo Castaldi, sia a
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titolo di responsabilità propria per la violazione dell’art. 33, commi 3 e 4, del C.G.S., in relazione all’art. 85, lett. B), par. VI) e par.
VII) delle N.O.I.F.
3. Per quanto riguarda il “quantum” in totale della sanzione stessa alla società, queste Sezioni Unite ritengono invece di condividere
l’assunto delle parti reclamanti relativamente ai due punti di penalizzazione inflitti per il permanere dell’inadempimento del 16
febbraio 2023 ancora alla data del 16 marzo 2023.
3.1 In tal caso, infatti, deve individuarsi corretta la ricostruzione della difesa dei reclamanti, secondo la quale si era al cospetto di
un’unica condotta. Inoltre, e sul punto, era – qui sì – individuabile la circostanza per la quale la stessa società aveva rappresentato la
pendenza al Tribunale e che il pagamento fosse ritenibile essenziale e funzionale alla continuità aziendale, a differenza della volta
precedente di cui all’istanza per i pagamenti del 16 febbraio 2023.
In questo unico caso, pertanto, la società ha dimostrato di avere fatto tutto il possibile per rappresentare al Tribunale ordinario la
situazione di fatto, dando luogo anche a una nuova istanza di autorizzazione, sia pur non condivisa dal Tribunale Fallimentare.
Sul punto, è noto che il comma 2 dell’art. 13 C.G.S., prevedendo espressamente che “Gli organi di giustizia sportiva possono
prendere in considerazione, con adeguata motivazione, ulteriori circostanze che ritengono idonee a giustificare una diminuzione
della sanzione”, introduce uno strumento flessibile, affidato al prudente apprezzamento del giudice, per rendere quanto più
adeguata possibile la sanzione all’entità e gravità dei fatti accertati (CFA, SSUU, n. 1/2021-2022).
Queste Sezioni Unite, pertanto, ritengono di avvalersi di tale principio e di provvedere a rideterminare la sanzione specifica.
P.Q.M.
Riuniti preliminarmente i reclami in epigrafe, così dispone:
– respinge il reclamo n. 0129/CFA/2022-2023;
– accoglie in parte il reclamo n. 0136/CFA/2022-2023 e, per l’effetto, in parziale riforma della decisione impugnata, irroga alla
società Reggina 1914 S.r.l. la sanzione della penalizzazione di punti 2 (due) in classifica da scontarsi nel corso della corrente
stagione sportiva; conferma nel resto.
Dispone la comunicazione alle parti con PEC
