Il concetto di “giocare bene” nel calcio sa essere relativo. Fabrizio Castori, ad esempio, è un allenatore che concede molto poco allo spettacolo. Eppure nella sua carriera di grandi risultati ha centrati e c’è da giurare che, tra i suoi tifosi, non ci sia nessuno che abbia sputato su promozioni ottenute con un calcio “pane e salame”.
Come quello della Salernitana del 2020-2021, che si difendeva e lanciava lungo per Djuric. Poco altro da proporre, se non un campionato che ha riportato Salerno in Serie A.
Il concetto diventa ancora più chiaro se il tecnico marchigiano si trova ad allenare una squadra come il Perugia che ha il dichiarato obiettivo di salvarsi. Gli umbri hanno uno dei più bassi budget del campionato cadetto e, consci dei loro limiti, hanno puntato su un calcio dove conta portare la pagnotta a casa. Tradotto: ci si difende bene, con le unghie e con i denti. Poi può essere che si faccia gol.
Un po’ come è accaduto all’andata. Castori, fresco di ritorno sulla panchina umbra dopo l’esonero, arrivò a Reggio e vinse 3-2 a Reggio. Con tanta fortuna, ma di fronte ai punti conquistati i “se” ed i “ma” diventano un mero esercizio retorico.
Così come rischia di esserlo la volontà di sottolineare che la Reggina va a Perugia con l’obbligo di far valere il maggiore tasso tecnico. Sono squadre diverse e la squadra di Pippo Inzaghi ha già dimostrato di soffrire molto squadre che non le lasciano profondità.
Poi, di questi tempi, gli amaranto vengono puniti anche oltre i loro (spesso evidenti) demeriti. E non regala particolare ottimismo neanche il fatto che il Perugia avrà diverse assenze. Le aveva anche il Cosenza e, volendo rendere l’idea, il Perugia è un Cosenza un po’ più forte.
Se la Reggina fa la Reggina, la partita è destinata a tingersi d’amaranto. Il problema è che negli ultimi tempi, come dicono le sette sconfitte in nove partite, la Reggina ha fatto troppo spesso harakiri. Il momento di arrivare rotta è giunto da un pezzo, l’auspicio è che prima o poi arrivi davvero quello buono per farlo.