di Franco Arcidiaco – Mai come quest’anno i versi della famosa canzone popolare nostrana (Ciccio Errigo o Nicola Giunta? Attendo lumi da lettori di Strill più informati di me sul tema: Canzone popolare reggina del ‘900), sembrano più adatti
a fare da colonna sonora al periodo festivo. Ma la domanda che mi pongo (e vi pongo, cari strilloni) è la seguente: pesa più la crisi reale, o il contagio psicologico che scaturisce dalla lettura dei giornali e dall’ascolto dei notiziari radiofonici e televisivi? Lungi da me il voler ridurre la crisi alla stregua di una leggenda metropolitana; ma, volendo mutuare un termine usato ed abusato in meteorologia, ritengo che ci si debba attrezzare per operare una distinzione tra crisi “reale” e crisi “percepita”. E’ chiaro che il discorso non riguarda i numerosi lavoratori che hanno perso il posto di lavoro, loro gli effetti della crisi li hanno subiti sulla propria pelle e su quella delle loro famiglie e sono rimasti vittima, nella maggior parte dei casi, dell’avidità e dell’ inconscienza di un padronato senza scrupoli sempre pronto a far ricadere sui lavoratori gli effetti di crisi vere o presunte. Le famiglie, invece, che non hanno problemi di occupazione, e sono per fortuna la maggioranza anche dalle nostre parti, non hanno alcun motivo di percepire la crisi; i salari non hanno subito alcuna riduzione, l’inflazione è scesa ai minimi storici, il costo del denaro e gli interessi bancari non sono stati mai così bassi, il prezzo del petrolio è crollato vertiginosamente ed i negozi sono stracolmi di merci a prezzi assolutamente calmierati. Il commercio, pertanto, si dovrebbe trovare in una condizione ideale, eppure i negozi appaiono desolatamente vuoti e gli esercenti parlano di situazione allarmante. E’ evidente, dunque, che ci si trova al cospetto di una situazione paradossale che genera una contrazione dei consumi, mentre si registra la fase congiunturale più favorevole della storia della nostra nazione, almeno per quanto riguarda il settore commerciale. E’ auspicabile pertanto, e una volta tanto non esitiamo a sottoscrivere l’appello dell’inquilino di Palazzo Chigi (che ogni tanto, anche per il mero calcolo delle probabilità, ne imbrocca una giusta), che gli italiani approfittino di questo stato di cose e si approvvigionino tranquillamente di beni di consumo necessari al benessere delle proprie famiglie; questo, oltre a dare una salutare boccata d’ossigeno alla filiera del commercio, servirà a fugare le crisi “percepite” ed a rivolgere uno sguardo meno impaurito ad un futuro più o meno vicino in cui la crisi potrebbe diventare reale. Ora, se c’è qualche imbecille pronto a dire che sono diventato berlusconiano, tengo a precisare che so bene quali sono i motivi che hanno spinto l’unto all’esortazione al consumo e vi assicuro che sono agli antipodi dai miei. La mia considerazione è dettata, ancora una volta, dal desiderio, per me sempre più impellente, di sputtanare l’informazione omologata ed anodina dei nostri organi di stampa; le informazioni sulla crisi economica vengono trattate alla stregua di quelle sul tempo, sul traffico o sulle vincite alle lotterie e nessuno, per esempio, si pone la domanda: e se, per caso, un certo Karl Marx nella lontana seconda metà dell’ Ottocento avesse avuto ragione? Non sarà che magari questo Capitalismo è entrato in quella fase di implosione che Marx aveva ampiamente analizzato e previsto? Ma chi aspettiamo che ci spieghi queste cose, gli amerikani Riotta e Veltroni o gli zerbini Fede e Vespa? L’unica soluzione è studiare, riprendere in mano i sacri testi, liberarsi dalla sindrome degli sconfitti, dimenticare Occhetto, Veltroni, Kruscev e Gorbaciov e cercare le risposte nell’unica teoria politica sana prodotta dall’era moderna: il Marxismo-Leninismo.
un tale Franco Arcidiaco