UNA RETE DI ACCOGLIENZA PER LE TARTARUGHE CARETTA-CARETTA
di Anna Foti
Esiste una grande rete di mani tese dalla terraferma verso il mare. Una rete ma che unisce intenti e risorse non per intrappolare e portare via al mare ma per curare e restituire ad esso. Si chiama Tartanet, nasce per salvare e prestare assistenza alle tartarughe marine, consta di tredici centri in Italia ed una delle sue strutture portanti sorge proprio a Brancaleone (RC), la cui spiaggia è stata riconosciuta come Area di Interesse Comunitario. Oggi, anche in questo centro nella provincia di Reggio Calabria, si è realizzato pienamente il senso del progetto con l’accompagnamento al mare di una delle tartarughe curate e pronte per riappropriarsi del loro spazio naturale.
Oltre 650 esemplari, che negli ultimi due anni hanno ricevuto assistenza presso i 13 presidi Tartanet, oggi tornano al mare, nell’ambito della giornata nazionale di Liberazione delle Caretta Caretta, tra questi anche Samu sottoposta presso il centro di Brancaleone ad un intervento chirurgico per l’estrazione di un amo rimasto nell’esofago della giovane tartaruga.
Denominata Tarta-Day, l’iniziativa è promossa dal CTS con l’adesione di Golettta Verde di Legambiente. La salvaguardia e la riproduzione delle tartarughe marine, infatti, sono seriamene minacciate dalle opere di cementificazione e dal fenomeno di erosione delle coste. Tutto questo pregiudica le condizioni favorevoli per i siti di deposizione ed è pertanto, da anni, oggetto delle denunce di Goletta Verde. Oltre 20 mila chilometri di costa rocciose e sabbiose, zone umide, delta, estuari e stagni costieri sono scomparsi dalla morfologia del litorale mediterraneo, sottratti alla natura dal cemento. L’Italia è tra i paesi con il più alto tasso di erosione delle coste e di riduzione delle spiagge. Ecco come la tutela dei siti di riproduzione, delle coste e dell’ambiente costituisce un viatico per la salvaguardia della specie Caretta Caretta. L’Italia è meta privilegiata per la nidificazione di questa specie, con centinaia di schiuse e venti nidificazioni, di cui due Reggio Calabria con 146 nascite, solo nel 2007.
Mamma tartaruga risale la spiaggia di notte laddove si creino condizioni di oscurità e silenzio. Scava una buca profonda circa
Attivo già da qualche anno nel comune del litorale ionico, il centro di recupero di Brancaleone per le tartarughe Caretta Caretta, specie che predilige le nostre coste per la nidificazione, ha ospitato stamane la conferenza stampa per la liberazione di Samu. "Ancora tre esemplari sono ospitate presso il centro – ha spiegato l’operatrice Paola Chesi – Le abbiamo chiamate Grazia, Cecè e Barby. Una adulta, una giovane ed una in fase di convalescenza dopo un recente intervento di estrazione dell’amo dall’esofago". Il centro, diretto da Domenico Morabito, ha sede in piazza Stazione, presso i locali messi a disposizione dall’amministrazione di Brancaleone da anni impegnata nella valorizzazione delle risorse ambientali. L’iniziativa è stata finanziata nell’ambito del progetto comunitario Life Natura della Commissione Europea, con la partecipazione del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali, è coordinata dal CTS e si pregia della partecipazione di numerosi partner, avvalendosi delle prestazioni professionali di naturalisti, biologi, veterinari e anche volontari. Il servizio erogato è quello di pronto intervento a seguito di segnalazione, al numero verde 800 904841 attivo 24 ore su 24, di avvistamento di tartarughe spiaggiate o in difficoltà.
Il centro di Brancaleone è dotato di una stanza per le radiografie, di un ambulatorio e di una sala vasche che ospita le tartarughe durante le cure. Sala che ha ospitato Cassandra la prima tartaruga cui il centro ha prestato assistenza prima che, guarita, fosse riavvicinata al mare. Le finalità del centro, tra gli ultimi sorti ma con un altissimo numero di visitatori, tuttavia sono molteplici e associano all’intento conservativo e di recupero della specie Caretta Caretta, anche quello educativo di sensibilizzazione e promozione delle risorse ambientali e territoriali, e quello di monitoraggio della nidificazione.
Ma andiamo a conoscere i graditi ospiti del centro.
E’ onnivora, preferisce il mare aperto, respira con i polmoni ma ha una grande capacità di economizzare l’ossigeno e rimanere sottacqua. Può arrivare a pesare fino a 180 chilogrammi ed essere lunga anche 110 centimetri. L’intenso traffico nautico, l’inquinamento, l’erosione della coste, il turismo laddove avviene la nidificazione e una pesca professionale che ne cattura accidentalmente oltre 60 mila di cui solo 10 mila in Italia, stanno mettendo a rischio la sua sopravvivenza richiedendo l’istituzione di centri di recupero in zone particolarmente sensibili dove l’interazione con attività umane è maggiore.
Si tratta della specie di tartaruga marina Caretta Caretta che nidifica sulle coste del Mediterraneo italiane, turche, greche, libiche a volte anche siriane ed egiziane. Tra le coste italiane predilette le isole Pelagie, le costa meridionale della Sicilia e il litorale ionico calabrese e, lungo questo, la fascia di costa che si estende da Capo Bruzzano fino a Punta di Spropoli, corrispondente a Brancaleone e lunga oltre sedici chilometri. Tale specie infatti depone le uova nell’arco di tempo compreso tra maggio e agosto e il periodo necessario per la schiusa è di almeno sessanta giorni dalla deposizione.
La Caretta Caretta può nidificare anche due volte in una stessa stagione. Gli studiosi monitorano la nidificazione e ne prevedono gli esiti attraverso il controllo della temperatura della sabbia. Da essa dipendono infatti molti fattori tra cui il sesso delle piccole tartarughe. Le uova deposte in superficie e, dunque, più calde daranno vita a femmine mentre quelle più profonde dunque più fredde a maschi. La schiusa costituisce uno spettacolo naturale suggestivo dove protagonista è l’istinto di piccole creature che appena nate sulla terraferma, cercano e trovano il mare.
Dunque preservare la nostre coste e sensibilizzare cittadini, turisti e pescatori equivale a garantire che tale specie possa continuare e riprodursi qui senza essere costretta a nuova ricerca. Un patrimonio che deve rendere comunità e istituzioni responsabili di una risorsa vitale che, come ogni cosa in natura, non è solo sorretta da un delicato e fondamentale equilibrio ma è, a sua volta essa stessa, anche anello centrale dell’intero ecosistema.