• Compie 30anni la "bambina miracolo"

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    di Angela Chirico
    – da www.sanitacalabria.it -Il 25 Luglio scorso ha festeggiato i suoi primi trent’ anni, ma Louise Brown, riccioli biondi e viso paffuto, tranquilla impiegata della Royal Mail inglese, non è una donna qualsiasi. Quando nacque, all’ Oldham County  Hospital, Louise suscitò stupore e accese vivaci polemiche.

    Ci fu chi, in un sussulto di entusiasmo,  spese per lei i soprannomi più altisonanti, da   “bambina miracolo” a  “bambina del secolo”.  Un successo della scienza, si disse, che dopo 12 anni di fallimenti e decine di tentativi andati a vuoto,  era riuscita a conseguire un risultato fino a quel momento impensabile:  il concepimento di un embrione umano al di fuori del grembo materno. Ma ci fu, anche, chi si profuse in dichiarazioni di condanna, e finì per tirare in ballo il mostro Frankenstein per qualificare quella nascita “contro natura”.  Tra i detrattori della nuova tecnica, anche il Vaticano, che si era spinto a prospettare “gravi conseguenze per l’ umanità”.  Sì, perché Louise Brown è la prima figlia della fecondazione assistita,  la metodica che pochi giorni fa ha celebrato con lei il traguardo dei trent’ anni. La giovane inglese, infatti, venne al mondo grazie all’ abilità e alla tenacia del ginecologo Robert Edwards e del biologo Patrick Steptoe. I due scienziati riuscirono a prelevare un ovocita della madre di Louise, Lesley, e a fecondarlo in provetta con gli spermatozoi del padre John. Una volta fecondata, la cellula uovo venne poi trasferita nell’ utero materno, dove iniziò il normale processo di sviluppo. Eppure, nel lontano 1978, nessuno si aspettava un esito tanto felice. Qualcuno giunse persino a scommettere che la bambina non sarebbe vissuta a lungo. Ma Louise ha smentito tutti; non solo è sopravvissuta, ma è cresciuta robusta e vivace e, soprattutto, completamente sana. Oggi la giovane vive in un tranquilla villetta di Bristol, la sua città, con il marito Wesley Mullinder, di nove anni più grande di lei, e con il piccolo Cameron, di un anno e mezzo, concepito in modo naturale. Sconta ancora la curiosità morbosa che l’ ha accompagnata sin dalla nascita, ma conduce una vita ordinaria, divisa tra il mestiere di impiegata alle poste e quello, di certo ben più faticoso, di mamma. Come Louise,  vivono in piena serenità ( e salute) anche gli oltre 3 milioni di “figli della provetta” nati dopo di lei. Di questi, circa 100 mila sono venuti alla luce in Italia, e ogni anno se ne aggiungono altri 7 mila. Numeri che, tuttavia, non riescono ad eguagliare le percentuali raggiunte nei Paesi del Nord Europa, dove  si arriva al 6 o 7% delle nascite. Sono due le tecniche di fecondazione assistita maggiormente praticate: la FIVET ( fecondazione in vitro con embriotransfert), e la ICSI (iniezione intra citoplasmatica di spermatozoo). Nella prima metodica, meno invasiva, si tenta di riprodurre il meccanismo di fecondazione così come avviene nell’ utero femminile, introducendo un ovulo e un numero congruo di spermatozoi selezionati ( dell’ ordine di circa 70 mila unità) , all’ interno di una “macchina incubatrice” per un’ intera notte. Nella seconda, utile soprattutto nei casi di carenza di spermatozoi, servendosi di un ago si inserisce direttamente il gamete maschile all’ interno dell’ ovulo. Le percentuali di riuscita, identiche per entrambe le procedure, si aggirano intorno al 25-30%, ma possono aumentare o diminuire in ragione di variabili quali lo stato di salute della donna e soprattutto la sua età. In particolare, secondo gli esperti, l’ attuale tendenza delle donne a fare figli in età sempre più avanzata determina una riduzione delle probabilità di successo, anche a dispetto dei continui miglioramenti della tecnica. Negli anni, si è molto discusso circa lo stato di salute degli individui nati da fecondazione assistita. Le attuali acquisizioni scientifiche non riportano problemi particolari, eccetto la tendenza dei bambini concepiti in vitro a nascere leggermente prematuri e sottopeso. Nel caso della ICSI, invece, viene riferita qualche anomalia in più, come l’ aumento di alcune malattie genetiche rare. Tale incremento è tuttavia  lieve e relativo solo a casi sporadici.  La fecondazione assistita è stata esportata in Italia nel 1981.  E’ datata 1982, infatti, la nascita del primo bambino, un primato che risulta diviso tra Napoli e Palermo. Da allora, la tecnica di fecondazione in vitro è stata continuamente perfezionata, fino alla messa a punto, anche nel nostro Paese, della ICSI, nel 1992. In Italia, la materia è stata regolamentata dalla legge 40 del 2004, che ha introdotto significative restrizioni alla pratica della fecondazione assistita. Il provvedimento legislativo, infatti, limita a tre il numero di embrioni da produrre, e ne dispone l’ impianto contemporaneamente nell’ utero materno; vieta la clonazione a fini terapeutici, la ricerca sulle cellule staminali embrionali e sugli embrioni sovrannumerari conservati nelle banche dei centri di fecondazione, ed anche il congelamento degli embrioni;  preclude la possibilità di effettuare la diagnosi preimpianto sull’ embrione, prevedendo la sola indagine “osservazionale”;  vieta la fecondazione eterologa, e dunque la donazione di ovociti e/o sperma, da parte di persone esterne alla coppia.  Criticata da più parti per le disposizioni particolarmente restrittive, ed in specie, per la possibile inconciliabilità con la legge 194 sull’ interruzione di gravidanza, la legge 40 è stata sottoposta a referendum popolare il 12 e 13 Giugno 2005. La consultazione, tuttavia, non ha raggiunto il quorum del 50% + 1, registrando la  partecipazione di solo il 25,9% degli aventi diritto. Lo spoglio delle schede, comunque, aveva rilevato la prevalenza dei Sì in tutti e 4 i quesiti referendari, con percentuali oscillanti tra il 77 e l’ 88% . Negli anni, l’ applicazione della legge ha determinato l’ insorgenza di contraddizioni, ed alimentato il cosiddetto “turismo procreativo”, verso Paesi come la Spagna e la Turchia. Sul divieto di diagnosi preimpianto, in particolare, si sono espressi il Tribunale di Cagliari ( con sentenza del 24 settembre 2007) e il Tribunale di Firenze ( con ordinanza del 17 dicembre 2007), ritenendo possibile tale indagine in determinate condizioni,  e il Tar del Lazio che, nell’ ottobre 2007, ha ritenuto illegittime e, di fatto, annullato le precedenti linee guida proprio nella parte relativa alla diagnosi preimpianto.  Sulla base di queste riserve, l’ 11 Aprile 2008 sono state approvate con decreto del Ministero della Salute le nuove linee guida della legge 40, che hanno aggiornato le precedenti linee guida del 21 Luglio 2004. Tra le principali novità introdotte, la possibilità di ricorrere alle tecniche di procreazione assistita anche per le coppie in cui l’uomo sia portatore di malattie virali sessualmente trasmissibili, e in particolare del virus HIV e di quelli delle epatiti B e C e, soprattutto, la possibilità di effettuare la diagnosi preimpianto sull’ embrione.

     

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