Chi non c'era si è perso qualcosa.
E però, in vero, erano oltre 6.000 gli spettatori della "prima" calabrese – in realtà "seconda", visto lo spettacolo di Catanzaro- di Roberto Benigni.
Due ore piene di entusiasmo, di energia, di ironia spesso amara ma anche carica di vitalità, di voglia di reagire e, soprattutto, intrise di messaggi d'amore e sull'amore.
Un filo continuo, ininterrotto, dalla satira su Berlusconi a quella su Prodi, dall'analisi della figura di Dante a quella di Gesù Cristo. Un filo che sottolinea la forza dirompente dell'amore, una forza che travalica ogni cosa e nutre la dignità dell'essere umano ben oltre le sue meschinità quotidiane.
Da Roberto Benigni è arrivato un messaggio forte per tutta la Calabria; un messaggio che ha ricordato ad ogni piè sospinto quanto la Calabria medesima sia stata trave portante per le storia dell'umanità e quanto grandiosa sia stata nei secoli l'opera dei Calabresi.
Il resto – la molla di orgoglio finalizzata al riscatto del territorio- Benigni, da fine conoscitore del pubblico, non lo ha detto, ma è esattamente ciò che ha innescato nelle menti, nel cuore, nelle anime di tutti i presenti.
"Guarda cosa eravamo e come ci siamo ridotti" – hanno pensato tutti- ma dal Premio Oscar continuava a giungere solo un messaggio di forza, di energia, di risorse infinite di cui è depositario il popolo calabrese. "Un popolo" – ha sottolineato il piccolo diavolo- "che va avanti comunque a testa alta, perchè la Calabria non è la terra della 'ndrangheta, ma è la terra dove si combatte la 'ndrangheta. E' molto diverso!"
E poi, in un inarrestabile turbinio di riferimenti storici, classici, artistici, intrecciati con i personaggi che affollano la nostra vita quotidiana, ecco la prima ora di spettacolo, volta a spiegare – meglio, a ricordare- la storia della Calabria ai Calabresi, ma anche a "punzecchiare" Berlusconi e Prodi, Scopelliti – "che mi ha chiamato per chiedermi di recitare il canto dei lussuriosi"- e Loiero – "se la Calabria è la California d'Italia, allora Loiero è il nostro Schwarzenegger".
Scopelliti e Loiero, insieme al gotha della politica territoriale e calabrese, erano accomodati in prima fila, ma Benigni, a parte le battute direttamente rivolte alla classe politica, lo spettacolo lo ha regalato alla gente, a quelli lontani, sull'anello superiore del "Pentimele".
Ed alla gente si è rivolto sempre, toccando le corde delle anime, mescolando il dialetto calabrese musicalmente apprezzato – leggendaria l'interpretazione del "minchia…nati supra o sceccu"- e quello che, invece, ha dato i natali a numerosi vocaboli della lingua italiana, inventata dal "ragazzino Dante, aveva 35 anni…".
"Fatti non foste per viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza" scriveva Dante e Benigni non ha mancato di sottolineare come la "a" di canoscenza non fosse un caso, perchè il termine è mutuato integralmente dal calabresissimo "canusciri".
E poi un'ora piena a spiegare – esattamente come a scuola, ma un pò meglio…- il canto, poi recitato in un silenzio irreale.
E se, come diceva lui dialogando con lo spirito di Dante, "i tempi sono cambiati ed il primo ad interpretare la Divina Commedia è stato Boccaccio ed ora la fa Benigni, non te la prendere, Dante… hai ragione, ma tieni presente che, ad esempio, il ministro della Giustizia è pur sempre Clemente Mastella…"