“Bagni di sangue a cielo aperto, omicidi, la ‘ndrangheta calabrese è più grande, più insinuata e più potente della Mafia”. Inizia così l’articolo del giornalista John Hooper che apre l’edizione di mercoledì del britannico Guardian. Solo poche righe prima di una foto a colori. Una 127 gialla fa da palco e sfondo a una scena di ordinaria disperazione. È una istantanea di guerra di mafia. L’inviato del Guardian in terra calabra
comincia il suo racconto da una piazzetta di Bianco. Il mare, qualche metro più in là, un manifesto ricorda la morte violenta di Enzo Cotroneo "missing from the affection of his loved ones". Da lì al ricordo del delitto Fortugno il passo è breve. Tutti sanno che la Ndrangheta è "the most deep-rooted, the most powerful and the most aggressive of [Italy's] criminal organisations". La penna del Guardian getta lo sguardo al vicino stretto, alla Sicilia, la terra di Cosa Nostra. “Move Over Cosa Nostra”, lascia spazio alle ‘ndrine. La mafia del Padrino e dei tanti troppi film e libri stampati USA resiste nell’immaginario collettivo, ma è “un’ombra”. “Italy's true public enemy number one” è la criminalità di stampo calabrese. 6-7mila uomini, afferma Hooper nel suo reportage, contro i 5mila di Cosa Nostra. La stima è solo nazionale, in tutto le braccia delle ndrine arrivano a 10mila. I suoi “tentacoli”, quelli nati dall’immigrazione del dopo Guerra e dei tanti discendenti di seconda e terza generazione sparsi dal Centro America, al Canda all’Australia. I primi, le hanno permesso il vertice nel traffico della cocaina. L’80 per cento di quella destinata all’Europa mossa da affiliati calabresi. Fin qui, l’odierno, ma l’inviato del Guardian, nel suo viaggio a Bianco ripercorre anche la storia della mala del sud nostrano. Per l’FBI, dice, la ‘ndrangheta nasce nel 1860 da una banda di siciliani in esilio dall’isola. Il primo documento che ne afferma la sua esistenza è datato 1888 ed è indirizzato in forma anonima al prefetto di Reggio. Un fenomeno locale, dedito al racket e alle estorsioni che nel 1957 con l’uccisione di un padrino a Locri, continua Hooper, da vita alla guerra di mafia.
300 cadaveri sull’asfalto, il costo in termini di vite umane. Da lì, al rapimento di ricchi uomini d’affari del nord il passo è breve. Uomini soli, costretti alle gelide notti delle caverne aspromontane. È la volta della droga. Eroina dai turchi, hashish dal Marocco, droga e armi dal Libano. È la fine degli anni ’90, l’AIDS miete vittime e paura tra I consumatori di eroina. Cambia il mercato. È il tempo della polvere bianca. Dei cartelli colombiani. I Colombiani si fidano. I calabresi, gente d’onore, non parla e rispetta gli accordi. Crescono gli interessi e i soldi. Ben presto arriva la seconda guerra di ‘ndrangheta. 700 morti. Si arriva ai giorni nostri. Il boss “Peppe u Tiradrittu”, diventa “Joe Goahead”. Sembra quasi non aver mai fatto paura a pronunciare il suo nome nella lingua d’oltre Manica. Ma la ‘ndrangheta è "invisible, like the dark side of the moon" (invisibile come il lato oscuiro della luna). Ci sono i rituali dei clan, il silenzio, i legami di sangue. “Extended families, often linked by marriage”. I figli della “Famiglia”, non sono attesi ma “necessari” a seguire le orme degli affari. Sono i “Giovane d'onore” (young man of honour). È il sistema a maglie larghe. Cosa Nostra con la sua piramide perde forza quando le tagli la testa. La ‘ndrina rinasce sempre. I suoi figli girano in auto lussuose da migliaia di euro nella regione più povera dello stivale. La firma britannica torna all’omicidio Fortugno alle misure speciali post delitto. Alla sanità, ai voti, alle elezioni, al Ponte sullo Stretto. Alla ‘ndrangheta con i suoi interessi politici. A quello che accadrà domani…
(foto Guardian: Relatives mourn the death of Salvatore Valente, an alleged 'Ndrangheta boss, shot dead in the street by a hit squad six years ago in Strongoli. Photograph: Antonino D'Urso/AP)