Venti anni sono tanti o sono pochi, dipende dai punti di vista.
Sono come un contenitore elastico, dipende da ciò che ci metti dentro.
E la Reggina in questi due decenni in questo contenitore ha messo molte più emozioni (e gioie) di quanto non fosse accaduto nei 72 anni precedenti.
Il 14 giugno del 1986, appunto 20 anni fa, dalle ceneri della A.S. Reggina, nasceva la Reggina Calcio, la Reggina di Benedetto e Foti, di Remo e Cuzzocrea, di Dattola e Praticò, per intenderci.
I giovanissimi dirigenti, tutti sotto i 40 anni, ereditavano tanta passione ma altrettanta assuefazione alle illusioni prima ed alle delusioni poi.
La Reggina era, direi geneticamente, una società di serie C che, talvolta, quando la ruota del destino girava a favore, poteva ambire ad una scampagnata in serie B.
Ma nulla di più.
Per anni il calcio che contava in Calabria aveva avuto la maglia a strisce gialle e rosse del Catanzaro, a partire da quando, in quel maledetto 1970, sui tre colli ottennero capoluogo e serie A. Non ne fecero buon uso, nè dell'uno e nè dell'altro, a giudicare dai risultati odierni, ma questa è un'altra storia…
Il 14 giugno del 1986, dunque, la Reggina voltava pagina.
Uguali a sè stessi rimanevano solo il colore delle maglie ed il fatiscente "Comunale".
Albertino Bigon il nome del primo tecnico dell'era – Foti (ma più Benedetto per i primi cinque anni) e Nevio Scala quello di chi, invece, riaccese la prima volta il furore di una città intera.
Il 12 giugno di due anni dopo, a Perugia, Reggio si svegliava dal torpore eterno, lasciava un ospite eccellente in città – il Papa- e, con sette treni speciali, a ciascuno dei quali era stato assegnato un nome di un calciatore amaranto, invadeva Perugia.
2-0 alla Virescit, Bagnato e Catanese i nomi scolpiti a caratteri di fuoco nel libro della storia ed una città impazzita per un ritorno in B dopo 14 anni.
Ma, soprattutto, con la nuova Reggina Calcio, Reggio cominciava a comprendere due cose che dal calcio traevano spunto, ma poi da esso si allontanavano assai.
La convinzione che non fosse scritta da nessuna parte l'ineluttabilità di un destino da comprimaria per la città e, soprattutto, il concetto di "regola", da tempo abbondantemente finito a gambe all'aria.
La fabbrica delle emozioni, però, aveva appena cominciato a sfornarle -d'altra parte l'esordio assoluto della Reggina Calcio, nel settembre del 1986, a Reggio (!!!)- fu un rinvio per pioggia contro il Barletta, che non stesse nascendo una società destinata alle banalità era ben chiaro-
Un anno dopo, il 25 di giugno, a Pescara sono in 25.000 i Reggini che alle otto della sera masticano rabbia e lacrime dopo il rigore sbagliato da Armenise che sbarrava le porte della serie A; le stesse lacrime che in 30.000 il 24 di giugno di 12 anni dopo ingoiarono in silenzio al "Granillo" quando ci pensò Cossato ad allontanarci dal sogno.
Ma fateci caso: l'ultima settimana di giugno regala delusioni, le prime date -quella del 14, del 12 di giugno, come visto, propongono gioie infinite.
Ed allora è normale che fosse il 13 di giugno del 1999 quando, al "Delle Alpi" di Torino la storia svoltava verso una serie A più sognata che realmente sperata per 85 anni.
E poi, ancora, la predestinata comparsa che si ritaglia un ruolo da protagonista tra le stelle, chi avrebbe dovuto accontentarsi di una "toccata e fuga" che, invece, si piazza stabilmente al piano più alto del calcio nazionale.
E le sfide a Juve ed Inter, a Milan e Roma, il trionfo dell'Olimpico, la retrocessione alo spareggio con la maledetta paura che il sogno sia svanito per sempre, prima di ricredersi in un magico pomeriggio a Terni che ci restituiva la serie A, quella stessa serie A difesa ancora con i denti, un anno dopo, nello spareggio di Bergamo, ancora ai primi di giugno, ancora col diluvio universale a ricordare che c'è chi nasce predestinato.
E poi, salvezze in serie, emozioni a getto continuo, fino all'ultima in ordina di tempo, il 3-0 nel derby-spareggio contro il Messina.
Vent'anni sono tanti, sì, ma qui sembra passato un secolo…