Una corsa, l'ultima sulla Nomentana, uno schianto.
Il 2 giugno del 1981, a Roma, se ne andava così Rino Gaetano, senza dubbio il più grande cantautore calabrese di tutti i tempi.
Quel giorno Rino aveva 31 anni e da una quindicina aveva lasciato Crotone per trasferirsi, con i suoi a Roma.
Ma la Calabria, la sua Calabria gli è sempre rimasta nel cuore.
E nell'anima.
E lui da quell'anima ha tratto canzoni che sono autentiche opere d'arte, filastrocche che rappresentano la calabresità molto di più di volumi e volumi scritti da scienziati e psicologi, sociologi ed antropologi.
Rino era avanti con i tempi, non è un caso se i testi delle sue canzoni sembrano scritti oggi; cantano l'amore e la rabbia, uniscono in un abbraccio indissolubile il disincanto e l'ironia, la voglia di combattere contro tutto e tutti e l'atavica rassegnazione figlia (o madre?) di Calabria.
Sono volati via 25 anni senza Rino e però se qualcuno pensava che lui mancasse solo a noi quarantenni che siamo cresciuti insieme a lui (lui scrivendo e componendo e noi ascoltando e cantando) si sbagliava.
Rino Gaetano e la sua calabresità è entrato ben dentro il modo di essere di tanti, molti dei quali nati dopo quel maledetto 2 giugno del 1981.
"La festa è finita, evviva la vita", come scrisse proprio lui.