• Nascere a rischio nel 2010

    ospedalepapardo

    di Enzo Vitale* – Mai come in questo periodo, dal Nord al Sud dell’Italia, i casi di “malasanità” si sono concentrati sul momento nascita. Un’apparente combinazione che, a un’analisi nemmeno tanto accurata, appare però come l’evidente portato di un trend sanitario non

     molto illuminato.

    Proviamo a descriverlo in pochi tratti.

    Un fatto naturale trasformato in una gestibile routine: il parto, paradigma di vita, divenuto una pratica medica controllabile e orientabile, ormai da decenni ha perso quell’aura di mistero che lo rendeva un evento ansiogeno per antonomasia. Lunghe attese, travagli interminabili, parti che venivano “pilotati” variando artigianalmente e manualmente il deflusso del liquido della flebo, il massimo dell’intrusione medica a quel tempo possibile: e poi la nascita, l’urlo liberatorio della madre, i primi vagiti e gli annunci, prima quello dell’ostetrica – è maschio o è femmina – poi quello del ginecologo e del pediatra – sullo stato di salute di puerpera e neonato.

    È dalla fine degli anni Settanta che tutto questo ha cominciato a non esserci più: controlli prematrimoniali, ecografie ed esami del liquido amniotico, insieme ad altre utili “diavolerie”, hanno permesso di conoscere del nascituro già tutto prima della sua nascita; monitoraggi della gravidanza e controlli del travaglio hanno fatto sì che i parti avvenissero per la loro quasi totalità tra le 9 e le 12 del mattino, programmati e gestiti come un’estrazione dentaria; infine, la burocrazia e la paura dell’evento naturale, nei confronti del quale i medici nel frattempo arrivavano sempre meno preparati, hanno provocato un numero di cesarei a cifre percentuali ingiustificabili e insostenibili.

    Su quest’ultimo punto, per evidenti ragioni economiche, si è inteso porre rimedio, complice l’alibi di voler riumanizzare un atto naturale innaturalmente disumanizzato con l’abuso del taglio cesareo. Ordini di scuderia dei manager sanitari, subiti più che accettati dallo staff medico dei reparti di ostetricia: contrarre i cesarei di almeno il 20% per, quantomeno, avvicinare l’Italia alla media europea, di molto inferiore alla nostra.

    Ma non si è messo in conto che in quaranta anni di abusi di cesareo, effettuati alla minima difficoltà prevista per il parto naturale e, a volte, senz’alcuna giustificazione medica o solo per accondiscendere a una richiesta della gestante, il personale medico e ostetrico, che una volta veniva addestrato sul campo a far partorire nel migliore dei modi possibili e in qualsiasi circostanza ci si trovasse, è ormai impreparato a far fronte con la sola manualità a eventi improvvisi e inaspettati.

    Ed ecco arrivare puntualmente i disastri. Ma, come in ogni fatto della vita, la ragione non sta mai da una sola parte: non può essere incolpato un medico per aver agito in ossequio ai nuovi orientamenti che, tutto sommato, sono corretti da un punto di vista concettuale; a meno che non abbia commesso un grossolano errore valutativo nel non ritenere necessario il parto cesareo.

    Ma intanto potenzialità di vita e salute non si realizzano e si ritorna, così, ad aver timore di un evento naturale che si era ormai abituati a considerare, spoglio di misteri e fascino, come una atto sanitario tra gli altri.

    * Laboratorio politico Città libera

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