di Enzo Vitale* – Alla presentazione de “I papi e il sesso” di Eric Frattini avrei voluto intervenire per portare due piccoli contributi a una discussione che purtroppo, per motivi essenzialmente di tempo e non certo di opportunità, non c’è stata. Lo faccio in questa sede,
approfittando tra l’altro dell’occasione per porgere e rinnovare i miei complimenti alla direzione di strill.it per come fa crescere in città un dibattito libero e aperto a tutti i contributi e, in quanto tale, unico in grado di promuovere, soprattutto tra i giovani, la voglia di partecipare alla costruzione di percorsi culturali e identitari.
La prima considerazione riguarda la libertà di espressione. Si può anche non essere d’accordo con nulla di quanto espone l’interlocutore, ma su di una cosa si deve essere sempre e comunque d’accordo: sul suo diritto a esprimere liberamente il proprio pensiero, quando questa sua libertà non venga manifestata con un’esuberanza tale da comprimere o mortificare l’analogo diritto della controparte dialettica. “Disapprovo quello che dite, ma difenderò fino alla morte il vostro diritto di dirlo”. La celebre proposizione viene attribuita a Voltaire (in realtà la si trova in “The Friends of Voltaire”, biografia del filosofo curata nel 1906 da Evelyn Beatrice Hall, conosciuta sotto lo pseudonimo di Stephen G. Tallentyre,) e ne riassume il pensiero sulla libertà di espressione: potrebbe essere usata a illuministico e razionale paradigma dell’azione editoriale di strill.it.
La seconda riguarda più da vicino il libro presentato e il suo vizio di origine che ne contamina la valenza. Un atteggiamento laico, ovvero quello dell’intellettuale che semina dubbi più che dispensare certezze, vede la Chiesa terrena fatta di uomini. Gli uomini di chiesa, in quanto tali, sono assoggettati alla natura umana né più né meno di quanto lo siano coloro i quali non si definiscono religiosi. Più aumenta il potere che essi gestiscono più aumentano i compromessi che giornalmente si devono accettare o subire. Se si considera quindi la storia della Chiesa cattolica come una parte della storia dell’uomo, non c’è nulla da stupirsi se in questa si possano ritrovare, mutatis mutandis, le cose buone e le cose cattive che hanno caratterizzato la vita sociale del più sofisticato e complesso animale che l’evoluzione naturale sia riuscita a produrre.
Quest’ottica laica, amara e disincantata oltre che non contaminata dal banale ottimismo delle “magnifiche sorti e progressive”, senza certezze né assolutorie né di condanna e che fa del dubbio la propria stella polare, è a mio avviso l’unica che consenta una valutazione serena e per quanto possibile oggettiva dei fatti storici. Quest’ottica laica mi è sembrato che sia un po’ deficitaria in “I Papi e il sesso”, frutto di un approccio ideologizzato e integralista, oltre che di uno spirito giustizialista, che ne limano in parte l’indubbio spessore.
*Coordinatore Città Libera