Cento anni fa esatti, il disastro. La paura, le angosce, i soccorsi, i difficili anni della ricostruzione. Emblematica la lettera di un sacerdote, oltre un mese dopo la catastrofe
“Messina, 2 febbraio 1909- On.le Comando dei Reali Carabinieri – Messina
Essendomi dedicato all’opera di salvataggio dopo la tremenda catastrofe del 28 dicembre u.s. ho avuto occasione di conoscere il coraggio dei nostri bravi Ufficiali e soldati che mi aiutarono nell’opera eminente umanitaria.
Ma ciò che ha destato soprattutto la mia meraviglia è stato un salvataggio che posso dire miracoloso operato dal Capitano dei Carabinieri signor Pietravalle insieme ad un carabiniere ed un bersagliere dei quali non ho potuto avere il nome.
Trattavasi di una ragazza, certa Maria Pier stata a servizio della famiglia Palermo abitante accanto alla mia chiesa parrocchiale Annunziata dei Catalani.
Detta ragazza trovavasi sotto le macerie cadute dai piani superiori, e appunto trovavasi sotto una delle arcate inteme della chiesa gravemente pericolante.
Nessuno si sarebbe fidato scendere lì, ma il detto capitano con vera abnegazione ed ammirabile esempio mette a repentaglio la propria vita, affronta il pericolo, scende nella chiesa unitamente al carabiniere ed al soldato, e malgrado che le scosse di terremoto si succedessero, egli ed i suoi subalterni estraggono dalle macerie la ragazza e la mettono in salvo dopo parecchie ore di faticosissimo lavoro.
Ammirato da tale coraggio di un ufficiale della Benemerita Arma, volevo renderlo subito di pubblica ragione per mezzo della stampa, ma la modestia del Capitano, a cui chiesi il nome che non volle declinare e che poi ho saputo per mezzo di altri, me lo impedì ma malgrado ciò io per debito di coscienza lo indico a cotesto Onorevole Comando, come indico i subalterni che lo aiutarono nella impresa come quelli che non curarono la propria vita per la salvezza di una infelice che sarebbe senza dubbio perita sotto le macerie.
Per la verità scrivo la presente per dame ragione a chi spetta.
Sacerdote Parroco Placido Macrì “.