di Teodora Malavenda – A Reggio Calabria si torna a parlare di ‘ndrangheta. Ma questa volta ad essere sotto i riflettori non è l’ennesimo tragico delitto di mafia, ma la pubblicazione
di un libro a cura del coordinatore del Museo della ‘ndrangheta Claudio La Camera. “Vincere la ‘ndrangheta: metodologie di contrasto e continuità di azioni” è questo il titolo del volume presentato ieri pomeriggio presso la Sala Giuditta Levato di Palazzo Campanella, alla presenza tra gli altri, del Procuratore della Repubblica di Reggio Calabria Giuseppe Pignatone e del neo eletto sindaco Giuseppe Arena. Il volume raccoglie gli atti de La Ferita, il seminario svoltosi lo scorso novembre negli spazi del palazzo provinciale. Quattro giorni di incontri (dal 22 al 25 novembre ndr)durante i quali si sono alternati magistrati, studiosi, forze dell’ordine ed esperti del settore, testimoniando ciascuno il proprio operato a favore della lotta contro un male subdolo, meschino e non facile da estirpare.
Abbiamo intervistato Claudio La Camera a fine conferenza, per conoscere più da vicino il punto di vista di chi, quotidianamente, mette a servizio della collettività il proprio impegno civile, schierandosi senza timore dalla parte di chi crede ad una alternativa possibile.
Quale deve essere il contributo della società civile alla lotta contro le mafie?
La società civile deve togliere consenso alle mafie e dare voce e interpretazione ai fatti. Senza le grida dei giusti non è possibile combattere questo tipo di battaglia. Diventiamo tutti come l’uomo di Sodoma che prima gridava giustizia e libertà per cambiare gli altri e poi ha continuato a gridare per evitare che gli altri cambiassero lui.
Quale può essere invece il contribuito dell’arte?
L’arte è lo sguardo obliquo verso il mondo. Il suo contributo è determinante perché la realtà non è mai lineare. La forza suggestiva dell’arte può aiutarci ad avere dubbi e ad affidarci alle passioni e alla utopie.
La ‘ndrangheta è un fenomeno, come tu stesso più volte hai sottolineato, molto complesso. Nei “tempi moderni” che piega ha assunto?
Sempre più pervasiva e sempre più globale. Sempre più in sintonia con economia, istituzioni e politica.
Il libro che ieri hai presentato porta un titolo propositivo “Vincere la ‘ndrangheta”. Secondo te in che modo potremmo riuscirci?
Vincere è un falso problema. Dobbiamo togliere le mafie dal corpo sociale e ridurre il fatto mafioso a fatto criminale.
Ieri durante il tuo intervento hai chiamato in causa i media locali. “Fare giornalismo d’inchiesta in Calabria è un compito ingrato”. Quale messaggio vorresti che arrivasse agli organi di informazione?
Quello che vorrei mandare a tutti. Essere solo strumento di giustizia e non del potere. È ovvio che gli organi di stampa hanno un compito determinante perché possono condizionare molto la percezione del fenomeno.
Qual è lo spirito che anima le attività promosse dal Museo della ‘ndrangheta?
Quello della conoscenza, dello studio e della costruzione di opportunità per chi vuole collaborare.
Un paio di giorni fa è andato in onda il nuovo spot pubblicitario volto alla promozione delle “bellezze” della Calabria. Protagonisti i due bronzi in versione animata. Un progetto audace che ha scatenato non poche polemiche. Qual è il tuo parre in merito?
Lo spot mi sembra efficace. Non capisco invece, per tornare alle strategie della stampa, come si possa dare così ampio risalto ad una notizia del genere e trascurare fatti importanti. Uno dei temi che abbiamo trattato durante la presentazione del libro è che oggi abbiamo una quantità notevole di fatti a cui non corrisponde lo stesso livello di parole.
La Calabria tra dieci anni. Come la immagini?
Con un pensiero duale. Un pantano, una realtà asfittica che continua a spezzare le prospettive di crescita e a scoraggiare le forze giovani e nello stesso tempo la terra del cambiamento e del fermento culturale. Immaginazione e pensiero devono essere temporaneamente sospesi se vogliamo lavorare con una buona dose di utopia.