di Teodora Malavenda – Sono trascorsi venti anni dal giorno in cui quel ragazzino, cresciuto in un paesino della Calabria, fu costretto a fare la valigia e ad iniziare una nuova avventura: destinazione Viterbo!
“All’inizio è stato un trauma, lo spirito della mia terra mi mancava tantissimo” risponde
così quando gli chiedo come ricorda quel periodo.
Turi, aka Calabro Nove, oggi è un rapper affermato che ha saputo negli anni maturare un suo stile e un suo modo di fare rime, rimanendo fedele al mondo della vecchia scuola.
I suoi brani raccontano con efficace ironia frammenti di vita quotidiana in cui è impossibile non rintracciare l’impronta delle origini calabresi, rimarcate ancora di più in “Lealtà e rispetto”, il suo ultimo progetto. Un lavoro caratterizzato da un flow avvincente e dalla contaminazione tra dialetto calabrese e inglese calabrizzato che vanta la collaborazione di nomi altrettanto noti della scena hiphop italiana.
T: la prima volta che ti ho visto era il 96 a Palmi e tu eri sul palco con “Turi&Compari”…Quanto e cosa è cambiato da allora?
TURI: E’ cambiato tutto. All’epoca era il mio hobby adesso e’ il mio lavoro. In quegli anni stavo emergendo. Nel ‘98 infatti insieme a Piotta ho iniziato seriamente a far musica visto che venivo pagato, considerando che incominciai a cantare nel ’92.
T: infatti circa un anno e mezzo dopo il tuo “Turi devasta culi” a Reggio diventò un must e non solo tra gli “hiphopari” (spero il termine non sia offensivo).
TURI: (Sorride). No no anche io ricordo quel tormentone!
T: com’è stata l’esperienza con Piotta?
TURI: Grandiosa. Abbiamo girato l’Italia in lungo e in largo, i locali erano sempre pieni e c’era uno spirito diverso da ora.
T: il brano “La valigia” mi ha sempre regalato belle emozioni. Credi sia cambiato il tuo modo di scrivere e di raccontare rispetto ad allora?
TURI: certo che e’ cambiato, nessuno rimane uguale nella vita. La mia musica e’ la mia vita e quindi…
T: il tuo rapporto con Piotta oggi?
TURI: ottimo. Ci sentiamo ogni tanto o ci incontriamo a qualche serata.
T: ad un certo momento, qualche anno fa, la tua musica è passata dai walkman degli amanti del genere a quelli di un pubblico più vasto, soprattutto in Calabria. Ti definisci un artista hip hop o un artista e basta? C’è la volontà di rivolgersi anche a chi non capisce proprio nulla di hip hop?
TURI: l’hiphop e’ il mio genere ma quando scrivo onestamente non lo faccio con l’intenzione di stupire la gente ma voglio stupire me stesso. Se poi la gente si identifica in cio’ che dico significa che sono un bravo artista…nel senso che riesco a toccare corde nella testa delle persone che altri non toccano.
T: Nel corso degli anni, mi è sembrato di percepire un cambiamento di approccio, da uno più strettamente di genere come in “Schiaffetto correttivo” a uno man mano più tematico…e già sai che mi riferisco alla faccenda delle donne…
TURI: Bhè è chiaro.
T: non sono femminista ma ho un sacco di calzamaglie a righe e non vedevo l’ora di farti questa domanda.
TURI: (sorride) ma figurati! Ti ripeto la vita cambia e la mia musica rispecchia appieno questo cambiamento. Quando ho scritto quel disco vivevo un periodo burrascoso con un certo tipo di signorina e quindi mi sono sfogato così.
T: ma secondo te, le frikkettone dello yoga e del macrobiotico, ascoltano “Cosa vuoi da me”? Io una mezza idea ce l’avrei…
TURI: certo che lo ascoltano e gli piace anche. Magari all’inizio mi criticano ma poi mi dicono” hai ragione” e ti parlo per esperienza personale.
T: ma tu, nel tuo dissacrare l’impegno sociale banale della salvaguardia dei criceti in medio oriente, da che parte stai? Qual è la tua estrazione ideologico-culturale?
TURI: rispetto l’impegno sociale ma di fronte a certi surrogati non posso sottrarmi dal sorridere
T: Destra o sinistra?
TURI: secondo te cosa traspare dalle mie canzoni?
T: non riesco a identificare politicamente la tua musica, e il fatto che tu faccia questo genere, soprattutto oggi, non significa più nulla. Accanto a certi gruppi rap ho visto frasi fasciste!
TURI: io sono vecchia scuola, vengo da un periodo in cui lo spirito era molto differente da oggi
T: ma non è neppure importante identificarti politicamente. Era una domanda provocatoria.
TURI: idealmente sono di sinistra.
T: Qual è il tuo legame artistico e sentimentale con la Calabria e quanto la Calabria è un fattore determinante nella tua musica?
TURI: è fondamentale. La mia famiglia mi ha trasmesso l’importanza delle origini ovunque si vada
e io da buon calabrese tendo sempre a mettere un po’ di Calabria nei testi. In modo completamente naturale. Che sia chiaro.
T: quanto folk pensi che ci sia nell’ album “Lealtà e rispetto”?
TURI: c’e tanto folk più che altro a livello di spirito, ma non tanto di suono.
T: sbaglio o sei un ortodosso dell’hip hop con poca transigenza per altri suoni? Faresti un progetto sperimentale magari cantando sulla musica popolare o sul rock? So che non sarebbe una cosa del tutto nuova (…)
TURI: dipende. Non e’ che sono ortodosso ma per mischiare generi e ottenere un buon risultato e’ difficilissimo e io essendo critico con la mia musica tendo sempre a fare quello che so fare. Però non credere, nella mia carriera ho collaborato con un sacco di musicisti, l’ultimo e’ Franco Micalizzi quindi…
T: a questo mi riferivo quando ho detto che non sarebbe un’esperienza nuova (…). Andresti a Sanremo?
TURI: certo. Andrei anche in Vaticano a cantare per il Papa ma con la mia musica.
T: Tre gruppi musicali calabresi a tua scelta.
TURI: no comment
T: I meno imprudenti li fanno spesso! Tre nomi italiani allora?
TURI: Morricone, Elio e Le storie tese e… l’altro te lo dirò alla prossima (sorride).
T: qual è il film più bello che hai visto ultimamente?
TURI: l’ultimo di Woody Allen “Whatever works” uscito l’anno scorso.
T: Non per fare gossip…ma la tua storia se non sbaglio è una storia da migrante. Ci racconti qualcosa di più?
TURI: mi sono trasferito da Oppido Mamertina a Viterbo nel 1990. All’inizio e’ stato un trauma, lo spirito della Calabria mi mancava tantissimo…il calore, l’ironia l’affetto degli amici. Poi come tutti gli esseri umani ho cercato di adattarmi. Ho fatto fatica ma ce l’ho fatta. Ho iniziato con la musica e quello mi ha aiutato tantissimo a smorzare la timidezza.
T: parlaci dell’abisso che c’è tra un paesino aspromontano come Oppido e il luogo dove vivi adesso.
TURI: è una differenza enorme. Credo poi dipenda da come sei caratterialmente. Io sono molto emotivo e forse per questo faccio il musicista e non l’impiegato. Ho colmato la mancanza della mia terra con la musica.
T: pensi che il rap in Italia abbia ancora la funzione di denuncia e di espressione che aveva ai tempi delle posse dei primi anni ’90, o il cambiamento ha reso anche questa musica un po’ più imbecille?
TURI: è cambiato tutto. Non puoi paragonare il periodo posse ad oggi. Questa è l’era di internet e poi io il rap non l’ho mai mischiato alla politica fine a se stessa. Le posse mi incuriosivano non tanto per i loro slogan, ma quanto per i mezzi che usavano per i loro slogan, ossia l’hiphop. Nell’ hiphop non c’e’ solo denuncia sociale ma anche amore, sesso, riflessioni..
T: Non ti sembra limitante considerare un genere musicale sia il mezzo che il fine?
TURI: assolutamente no. La musica e’ arte prima di tutto e se vuoi usare la tua arte per far del bene sicuramente sei ammirevole ma non sei obbligato. E poi io mi sento piu’ musicista che hiphoparo.
T: adesso due domande a bruciapelo. Bucatini all’ amatriciana o maccheroni di casa con la capra?
TURI: la seconda tutta la vita.
T: Cosa ti aspetti dal futuro e a cosa stai lavorando?
TURI: sto preparando un disco nuovo, ma in italiano. Dal futuro mi aspetto di trovare la donna della mia vita.
T: Magari è dietro la porta.
TURI: si magari!! Dietro la porta ce ne stanno decine ma non mi aggradano.
T: beato te (…)