di Anna Foti – In un momento in cui l’assemblea generale dell’ONU si apre sul tema del clima e del surriscaldamento del pianeta; in un frangente in cui il programma nucleare civile del presidente iraniano Ahmadinejad non è ben visto mentre in Italia il ritorno al nucleare
pare la soluzione, il procuratore capo di Paola, Bruno Giordano continua ad essere interpellato con riferimento alla presenza radioattva riscontrata in Calabria, nel cosentino nei pressi del torrente Oliva, e in relazione al ritrovamento probabile di una delle navi dei veleni, la Cunsky, a largo di Cetraro. Ad interpellarlo sono anche i giornalisti, anche stranieri. Lo abbiamo fatto anche noi per seguire ancora più da vicino questa vicenda che, purtroppo, non è solo giudiziaria. “Il fascicolo relativo al relitto ritrovato – ha spiegato Il procuratore Giordano – è di probabile filiazione dell’inchiesta Jolly Rosso, archiviata ma relativamente ai reati contravvenzionali contestati alla società genovese Messina, e risale al 2005”. Pare infatti che esistessero delle inchieste sospese che all’arrivo del procuratore Bruno Giordano a Paola sono state rivitalizzate. Tra queste anche questo fascicolo, comprensivo delle dichiarazioni specifiche e precise di Francesco Fonti, che passato nelle mani di Giordano si è fermato. Da lì a breve i rilievi dell’Arpacal avrebbero evidenziato, nel punto indicato da Fonti, la presenza di una massa che solo una sonda ravvicinata avrebbe potuto mostrare con chiarezza. Quindi cominciava la ricerca di risorse per effettuare tale osservazione al largo di Cetraro alla profondità di quasi cinquecento metri, proprio al limite delle dodici miglia delle acque territoriali. “Solo l’assessore regionale all’Ambiente, Silvio Greco, ha risposto all’appello – ha dichiarato Giordano – e ha offerto un corposo sostegno concreto”. Cosa accadrà adesso che il relitto c’è e che le dichiarazioni del pentito Fonti si sono rivelate di portata fotografica rispetto ai fatti delle scorse settimane (localizzazione del relitto, squarcio a prua e bidoni esposti il cui contenuto è andato al mare) è difficile dirlo, atteso che attualmente sono in corso gli accertamenti che dovranno raccontare qualcosa di più circa i fusti, la portata nociva del carico del relitto e anche sull’eventuale presenza di persone a bordo della nave e rimaste intrappolate dentro. La nave Cunsky, per altro, risultava essere stata dismessa un anno prima all’affondamento avvenuto del 1992, dunque il suo stesso equipaggio non poteva essere regolare. Intanto Giordano ha trasmesso gli atti alla Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro “poichè – ha dichiarato – il coinvolgimento della ‘ndrangheta e le attività di business criminali sono tasselli fondamentali di tutta l’intricata vicenda”.
Alla domanda se avesse avuto contatti con altre procure, magari una delle tante che ha indagato sulle navi dei veleni, Giordano risponde che “l’unico passaggio di carte è avvenuto verso la DDA di Catanzaro che adesso dovrà proseguire”. Risponde, altresì che “ormai il ritrovamento della Cunsky rende altamente probabili anche gli altri affondamenti di cui vi è traccia concordante nelle diverse dichiarazioni, comprese la Yvonne A e la Voriais Sporadais indicati dallo stesso pentito Fonti già nel 2006 e affondate rispettivamente a largo di Maratea e di Genzano. Competenti sono però – ha specificato – rispettivamente la procura di Potenza e di Metaponto, nella Lucania”. La questione è complessa, dunque. Se il carico nei fondali di Cetraro dovesse essere radioattivo, come l’analisi di un campione delle acque potrebbe rivelare, quali rischi comporterebbe smuovere quei fusti, portarli in superficie, trasportarli e smaltirli? Sono domande che il procuratore Giordano si pone anche con riferimento alla bonifica del torrente Oliva teatro di morte, per altro non sottoposto ad alcun presidio. Come se quella anomala radioattività rilevata potesse essere per una qualche ragione considerata naturale in quella zona e non causata da probabili interramenti illeciti. Il ritrovamento dei fusti potrebbe accertarlo. Ma ancora i fusti non sono stati cercati e intanto il Governo interviene massicciamente in questi giorni e, in questa fase, assicura alla procura paolana ogni sostegno. I tre siti individuati lungo il torrente Oliva sono risultati altamente radioattivi e tossici con concentrazioni di Cesio 137 e Mercurio. In particolare uno di questi, il più grande, potrebbe contenere la fonte di una radioattività che, come da controlli successivi, potrebbe avere causato l’incidenza drammatica di mortalità per tumore in quella zona. “Esiste poi – ha spiegato Giordano – un altro sito definito radioattivo per ricaduta, con una presenza di cesio a soli quattro metri di profondità, probabilmente dovuta ad una quantità di terra infetta spostata in quel punto”. Ma proveniente da dove? Ancora la questione rimane apertissima, mentre il procuratore capo paolano assicura che “per quanto laboriose e impegnative, le attività di accertamento dei siti radioattiivi nel circondario di competenza territoriale della procura saranno eseguite”. Sul fronte riapertura del caso Jolly Rosso, spiaggiata ad Amantea nel 1990 e il cui carico potrebbe essere stato poi interrato nel torrente, Giordano non si pronuncia prima di dati certi. “Non posso escludere che vi sia un collegamento, tuttavia neanche posso affermarlo con certezza se i fusti non saranno individuati e se non si sarà in grado di datarne l’interramento”. Dunque sul punto si potranno tirare le somme in data da destinarsi, come su tutto del resto. Intanto il Governo ha prontamente offerto disponibilità per interventi e attrezzature per accertamenti e bonifica dell’area. Un’attesa difficile, spiacevole ma almeno consapevole. Forse tardiva. Ovviamente, speriamo di no.