I ragazzi di oggi sono esposti al rischio disumanizzarsi per il bombardamento di suoni, immagini e messaggi di ogni genere al quale sono esposti. Lo stesso Pontefice che piu’ volte nei suoi documenti ha benedetto Internet definendo il web “uno strumento di dialogo prezioso”
anche per la Chiesa, mette ora in guardia da un uso improprio di questo mezzo e, in particolare, dei social network. “I piu’ giovani, che sono nati gia’ in questa condizione, sembrano voler riempire di musica e di immagini ogni momento vuoto, quasi per paura di sentire, appunto, questo vuoto. Si tratta di una tendenza che e’ sempre esistita, specialmente tra i giovani e nei contesti urbani piu’ sviluppati, ma oggi essa ha raggiunto un livello tale da far parlare di mutazione antropologica. Alcune persone non sono piu’ capaci di rimanere a lungo in silenzio e in solitudine”, osserva parlando ai 15 monaci certosini superstiti di Serra San Bruno, che continuano a preferire la stabilita’ del loro monastero alla possibilita’ di veloci spostamenti e la ricchezza di un silenzio che lascia la parola a Dio ai rumori assordanti del mondo di oggi. E’ un’accorata denuncia quella che pronuncia nella chiesa conventuale prima di recitare i vespri con i monaci seguaci del suo connazionale tedesco San Bruno, giunto in Calabria 900 anni fa. “Il progresso tecnico, segnatamente nel campo dei trasporti e delle comunicazioni, ha reso la vita dell’uomo piu’ confortevole, ma anche piu’ concitata, a volte convulsa, E le citta’ – continua Benedetto XVI – sono quasi sempre rumorose: raramente in esse c’e’ silenzio, perche’ un rumore di fondo rimane sempre, in alcune zone anche di notte. Negli ultimi decenni, poi, lo sviluppo dei media ha diffuso e amplificato un fenomeno che gia’ si profilava negli anni Sessanta: la virtualita’ che rischia di dominare sulla realta’. Sempre piu’, anche senza accorgersene, le persone sono immerse in una dimensione virtuale, a causa di messaggi audiovisivi che accompagnano la loro vita da mattina a sera”. “Ho voluto accennare – spiega – a questa condizione socioculturale, perche’ essa mette in risalto il carisma specifico della Certosa, come un dono prezioso per la Chiesa e per il mondo, un dono che contiene un messaggio profondo per la nostra vita e per l’umanita’ intera”. Per il Papa teologo, “ritirandosi nel silenzio e nella solitudine, l’uomo si ‘espone’ al reale nella sua nudita’, si espone all’apparente ‘vuoto’ per sperimentare invece la Pienezza, la presenza di Dio, della Realta’ piu’ reale che ci sia, e che sta oltre la dimensione sensibile”.
“C’e’ una presenza percepibile in ogni creatura: nell’aria che respiriamo, nella luce che vediamo e che ci scalda, nell’erba, nelle pietre? Dio, Creator omnium”. “E’ una presenza – ha proseguito il Pontefice – che attraversa ogni cosa, ma e’ oltre, e proprio per questo e’ il fondamento di tutto”. Secondo Benedetto XVI, che il 19 aprile 2005 scelse il suo nome in onore dell’abate di Norcia, padre del monachesimo occidentale e protettore dell’Europa, “il monaco, lasciando tutto, per cosi’ dire ‘rischia’: si espone alla solitudine e al silenzio per non vivere di altro che dell’essenziale, e proprio nel vivere dell’essenziale trova anche una profonda comunione con i fratelli, con ogni uomo”. “Qualcuno – ragiona il Pontefice teologo – potrebbe pensare che sia sufficiente venire qui per fare questo “salto”. Ma non e’ cosi’. Questa vocazione, come ogni vocazione, trova risposta in un cammino, nella ricerca di tutta una vita. Non basta infatti ritirarsi in un luogo come questo per imparare a stare alla presenza di Dio”.
Agli sposi, il sacramento del matrimonio non basta celebrarlo “per diventare effettivamente una cosa sola, ma occorre lasciare che la grazia di Dio agisca e percorrere insieme la quotidianita’ della vita coniugale”. Papa Ratzinger fa questo esempio per spiegare come la grazia possa agire anche in una Certosa come quella di Serra San Bruno, dove ha concluso oggi la sua visita pastorale in Calabria. “Cosi’ – sottolinea – il diventare monaci richiede tempo, esercizio, pazienza, in una perseverante vigilanza divina, come affermava san Bruno, attendendo il ritorno del Signore per aprirgli immediatamente la porta”. Per Bendetto XVI “proprio in questo consiste la bellezza di ogni vocazione nella Chiesa: dare tempo a Dio di operare con il suo Spirito e alla propria umanita’ di formarsi, di crescere secondo la misura della maturita’ di Cristo, in quel particolare stato di vita. In Cristo c’e’ il tutto, la pienezza; noi abbiamo bisogno di tempo per fare nostra una delle dimensioni del suo mistero”. “Potremmo dire – aggiunge – che questo e’ un cammino di trasformazione in cui si attua e si manifesta il mistero della risurrezione di Cristo in noi”. “A volte – rileva – agli occhi del mondo, sembra impossibile rimanere per tutta la vita in un monastero, ma in realta’ tutta una vita e’ appena sufficiente per entrare in questa unione con Dio, in quella realta’ essenziale e profonda che e’ Gesu’ Cristo”.
“La Croce di Cristo – ha concluso il Papa – e’ il punto fermo, in mezzo ai mutamenti e agli sconvolgimenti del mondo”. Commentando il motto dei monaci certosini di Serra San Bruno, ‘Stat Crux dum volvitur orbis’, Benedetto XVI lo riafferma questa sera prima di lasciare la Calabria, al termine di una visita pastorale breve quanto intensa. “La vita in una Certosa – rileva parlando ai 15 monaci superstiti della Certosa fondata 900 anni fa dal monaco tedesco Bruno – partecipa della stabilita’ della Croce, che e’ quella di Dio, del suo amore fedele”.