di Giusva Branca – La collaborazione con la giustizia di Villani e Pesce rappresenta certamente un momento importante sul piano degli spunti e delle risultanze investigative,
presenti e future. Tuttavia l’aspetto più dirompente del salto del fosso da parte di questi due soggetti non sta nella cosa in sé (pur, come detto, di grande spessore oggettivo) ma nel loro rivolgersi agli affiliati, ai clan.
Per la prima volta in Calabria, collaboratori arringano i loro ex sodali e questa è una fase in qualche modo nuova che va sfruttata. Va sfruttata alla luce di ciò che i più esperti investigatori ripetono da anni: la criminalità inizierà ad incassare colpi mortali quando i “picciotti” comprenderanno che non ne vale la pena, che vivono e mantengono un sistema che garantisce ferocia e barbarie a fronte, spesso, di irrisori e modesti ritorni economici (almeno per loro, per la massa).
Una vita da bestie, insomma, come sottolineato dagli stessi Villani e Pesce.
E allora, Villani e Pesce vanno sfruttati sul piano mediatico; il loro pensiero va veicolato ovunque.
Nelle scuole, nelle piazze, tra la gente – dove, in maniera subdola, in Calabria statisticamente si annida sempre una percentuale di ‘ndranghetisti o di persone a loro vicini – deve necessariamente riecheggiare il grido di dolore proveniente da chi per anni e anni è stato all’interno del sistema e che per ottenere i benefici di legge basterebbe che collaborasse sul piano investigativo.
Se loro, invece, vanno oltre, beh, questo è un fatto nuovo che non va né sottovalutato né sprecato come opportunità.
“Il vento cambierà quando inizierà a mutare un certo tipo di mentalità“ si è detto e ridetto.
Ecco, forse uno spunto adesso c’è