Riceviamo e pubblichiamo da Isidoro Pennisi e Alessandro Villari – Franco Zagari appartiene ad un’altra era o idea dell’Università.
Quella in cui il primo dovere era di attrarre, educare dei giovani diciottenni, addestrarli all’intelligenza, formare in loro una capacità civile d’interpretare ruoli e mansioni intellettuali e, nel caso di una Università Meridionale, di motivarli a un maggiore radicamento alla loro Terra d’origine, senza nascondere le difficoltà.
Quando era un dovere dotare le comunità di personalità capaci di fungere da cinghia di trasmissione di progetti comunitari ambiziosi, in cui il tempo è superiore allo spazio, l’unità è maggiore rispetto al conflitto, la realtà è superiore all’idea, il tutto è più rilevante della parte.
Franco Zagari muore quasi alla conclusione dei quarant’anni di vita dell’Università Mediterranea, di cui nessuno si è accorto per il semplice motivo che nemmeno chi ha compiuto gli anni ha pensato che ciò fosse rilevante.
Una Università che non sarebbe ancora qui, se a quel tempo (Agosto 1982) alcuni principi non avessero fatto parte della cultura e delle capacità degli esseri umani che ne avevano la responsabilità, come Franco Zagari.
Se il tempo non fosse stato superiore allo spazio, le strutture temporanee e precarie dove centinaia di studenti si recavano a lezione, sarebbero state inadeguate, mentre la sede di Via Cimino, nella sua modestia, fu avamposto da difendere, per attendere attivamente l’arrivo delle strutture che conosciamo.
Se la ricerca d’unità non fosse stata superiore al conflitto, e se il tutto non fosse stato superiore alla parte, gli interessi locali e quelli non, avrebbero cercato e trovato lo scontro, mentre siglarono un’inaspettata unità d’intenti.
Se la realtà non fosse stata superiore all’idea, la natura della facoltà d’architettura, i suoi affascinanti principi ispiratori, le sue ideali aspirazioni avrebbero soggiogato l’articolazione necessaria di un Ateneo che doveva invece cercare dimensioni corrispondenti alle esigenze e alle possibilità, evidenti già in quel momento storico, tanto da ritagliare, in prospettiva, uno scenario politecnico legato alle questioni ambientali, già a quel tempo intuibili e definibili, e ancora adesso non perseguiti come si dovrebbe.
Soddisfare questi principi, vuol dire renderli soprattutto entusiasmanti, fagocitanti. Ogni studente soddisfatto di aver svolto gli studi in una Università, attrae un certo numero d’iscritti potenziali, mentre uno studente insoddisfatto ne allontana almeno un numero identico. Alma Laurea o altri beceri misuratori, ovviamente ignorano questa questione elementare, da cui dipende il prestigio reale e non illusorio di una Università e la sua attrattività. Il resto è contorno burocratico, necessario, ma ininfluente sui dati e sulla qualità reale di una struttura universitaria.
Franco Zagari fa parte di quest’altra idea di Università e non per via di una mia opinione ma per via di biografia e fatti.
Era uno, che anche quando ci discutevi animatamente, sapeva ciò di cui parlavamo. Come quella volta in cui, dentro processi decisionali dirimenti per il futuro, gli ricordammo che il suo torto stava tutto dentro l’opera di Newman, che lui però conosceva, così da capirci quando gli dicemmo che l’Università non è l’ufficio di collocamento del futuro.
L’Università deve educare l’intelligenza. Un Professore che lavora nell’Università, con senso di responsabilità, ha dei doveri verso la società umana, verso lo Stato al quale appartiene, verso l’ambiente nel quale ci sviluppiamo, verso gli individui. Questa responsabilità consiste nell’impegno ad un’educazione libera. L’Università non è stata istituita per dare al mondo poeti, autori, scienziati, chiamati all’immortalità. La provvidenza di questo Mondo li genera da sé. Lo scopo dell’Università è quello d’elevare, in maniera diffusa, il livello intellettuale di una Comunità; di coltivare lo spirito di un Popolo; d’affinare il gusto di una Nazione; di sostenere, con solidi principi, gli slanci Popolari; d’assegnare alle aspirazioni delle Moltitudini degli scopi precisi; d’introdurre, nelle idee del tempo, un maggiore sviluppo o moderazione; di rendere più facile l’esercizio del potere politico; di rendere più umani i rapporti individuali. L’educazione universitaria deve rendere la donna e l’uomo più lucidi, maggiormente coscienti delle proprie opinioni particolari, dei giudizi che si esprimono, aumentando la capacità di formularli con verità e d’esporli con eloquenza e forza.
Ovviamente lui non cambio’ idea e insieme a molti altri, pur appartenendo ad un altra idea di Università, mise le basi per questa di adesso, che non sa ricordare nemmeno quando è nata.
Era però un essere umano amabile anche nella ferocia degli errori.
Non sappiamo come sembrerà ad altri lungo il viaggio che ora ha intrapreso. A noi piace pensarlo come un bambino che gioca sulla spiaggia e si diverte a trovare sassi e conchiglie, mentre il mare continua a non dare spiegazioni dell’infinito. Evviva lui.
Isidoro Pennisi
Alessandro Villari