di Grazia Candido – “L’obiettivo della DDA è riuscire a far luce sugli eventi che si sono verificati negli anni cruenti della guerra di mafia e sto sollecitando le forze di Polizia a creare una squadra di lavoro che riesca ad individuare i responsabili degli omicidi di quel terribile periodo e che, purtroppo, dagli accertamenti fatti all’epoca non hanno dato risultati positivi per mancanza di conoscenze tecniche-scientifiche ma che oggi, alla luce delle nuove tecnologie, possono fornirci elementi certi di responsabilità”.
Così il Procuratore Capo Giovanni Bombardieri esordisce commentando, questa mattina presso il Comando provinciale dei carabinieri, l’arresto dopo 32 anni, del secondo responsabile dell’omicidio di Giuseppe Cartisano commesso il 22 Aprile 1988 durante la guerra di ‘ndrangheta, Vincenzo Zappia.
L’indagine, condotta dal Nucleo Investigativo dei Carabinieri di Reggio Calabria e coordinata dal Procuratore della Repubblica Giovanni Bombardieri e dal Sostituto Procuratore Walter Ignazitto, è stata avviata nel settembre del 2019 e ha consentito di fare completa chiarezza su uno dei fatti di sangue più efferati ed eclatanti della faida reggina a cavallo tra gli anni ‘80 e ’90.
“Oggi, facciamo luce su una pagina nera dell’epoca. E’ una grande soddisfazione per la Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria che mette fine ad un gravissimo fatto di sangue di 32 anni addietro, in un periodo terribile in cui si svolse una cruenta guerra di mafia che lasciò a terra circa 700 morti – afferma il Procuratore Capo – Grazie ai collaboratori che sull’omicidio di Cartisano dicono che sia stata una scelta infelice di coloro che hanno commesso il fatto, visto che è stato ucciso al centro della città e grazie ai nostri Carabinieri e a quelli del Reparto Investigazioni Scientifiche di Messina che sono riusciti a rielaborare e recuperare i reperti ematici ed estrapolare il DNA nucleare dell’indagato, oggi abbiamo individuato il secondo killer. Fondamentale un sopralluogo accurato dove era stato repertato del sangue che, in quel momento poteva avere scarso risultato ma oggi, ha avuto un ruolo importantissimo. Alla base di una indagine riuscita – continua Bombardieri – c’è sempre un sopralluogo iniziale fatto bene e in questa direzione ormai, Polizia, Carabinieri e Guardia di Finanza hanno indirizzato i loro uomini a procedere in immediatezza all’esame della scena del delitto in maniera quasi perfetta”.
Pienamente concorde il comandante provinciale Giuseppe Battaglia che esprime “grande soddisfazione per una bella indagine che segue un importante intervento operato trenta anni fa, dal nucleo Radiomobile che, senza timore, ha affrontato due uomini fissi della ‘ndrangheta, uccidendo uno dei sicari, il Pellicanò, e ferendo l’altro, lo Zappia che riuscì a dileguarsi, approfittando dell’aiuto fornitogli da ignoti complici”.
Uno degli assassini aveva copiosamente perduto sangue, dopo essere stato colpito alla gamba nel corso del conflitto a fuoco e grazie ad una efficacissima analisi incentrata sul trattamento e conservazione delle tracce ematiche sul posto, è stato possibile ricostruire l’omicidio.
Il comandante provinciale ribadisce più volte “la professionalità degli uomini del Corpo che, in 30 anni, non è cambiata, si è evoluta meglio ma non è assolutamente cambiata”.
“Abbiamo recuperato gli atti, i verbali dell’epoca e grazie alle nuove tecnologie di adesso, possiamo non lasciare più nulla di incompiuto e dare un nome e un volto ai responsabili che fecero più di 700 morti nella città e nella provincia – conclude Battaglia – La ricostruzione di quegli anni, ha dato modo di confluire molti di quegli omicidi contro le cosche di ‘ndrangheta che operavano in questa zona e parecchi di questi autori sono oggi in carcere per altri motivi, come lo Zappia. E’ importante però, accreditare a queste persone ciascun omicidio per consentire non solo di applicare la pena giusta ma permettere ai familiari delle vittime di avere giustizia”.
Si sofferma sull’importanza del “lavoro preciso e accurato fatto dai carabinieri”, il tenente colonnello Massimiliano Galasso che aggiunge: “Il sopralluogo è il momento fondante, essenziale dell’attività investigativa. Sono cambiati gli strumenti e le tecnologie ma la professionalità del carabiniere è sempre la stessa. Per noi, questo è un punto di onore. Abbiamo dimostrato che, 32 anni fa, i nostri carabinieri sono stati bravi carabinieri riuscendo a preservare la prova a favore delle nuove tecnologie che, oggi, nel 2020, ha portato a questo importantissimo successo”.