di Grazia Candido (foto Antonio Sollazzo) – Il suo è un viaggio che condivide con il pubblico trascinandolo per quasi due ore, in quel vortice fatto di musica, racconti e balli. Ma è soprattutto, un inno incoraggiante alla vita. Massimo Ranieri strega il teatro “Cilea” e, ieri sera, fa registrare con lo show “Sogno e son desto….in viaggio” ideato e scritto con Gualtiero Peirce, ed inserito nella kermesse “Le maschere e i volti”, un meritato sold-out alla Polis Cultura. Il ritmo e l’energia del cantante partenopeo sono trascinanti e, nonostante, si colga a volte la fatica per le performance eseguite tutte rigorosamente live, Massimo alterna canzoni, monologhi, simpatici aneddoti che si interrompono lasciando spazio a vecchi sketch. Sulle note di “Vent’anni” ad “Erba di casa mia” a “Se bruciasse la città” a “Rose rosse” e “Perdere l’amore” ad omaggi a colleghi con brani non suoi, ma ormai del suo repertorio, come “La voce del silenzio”, “Come so nervoso”, “Io che non vivo senza te”, Massimo centra l’obiettivo prefissato di portare in scena uno spettacolo che celebra la forza degli umili, il coraggio di chi sa sognare e guardare alla vita con speranza. Il pubblico resta in religioso silenzio quando il cantautore si lascia andare in ricordi di un’infanzia vissuta in un clima di stenti e di difficoltà ma con la dignità di chi vuole farcela. Ranieri racconta del nonno pescatore, quell’uomo così amorevole che aveva capito come era il mare: “Era tanto bello e affascinante quanto pericoloso e può tradire”.
“Sognare sì, guardando alle stelle, immaginando e fantasticando ma sempre restando attento e vigile, sveglio – afferma Ranieri – Nasce da qui la scelta del titolo, con quella congiunzione che, da apparente ossimoro, trasforma la frase in un auspicato desiderio di sognare, ma ad occhi aperti: “Sogno e son desto”. E’ uno spettacolo fatto con il cuore e con la testa basato su ricordi, poesie, storie e mie canzoni grazie alle quali sono qui stasera. Questo è un meraviglioso teatro e vederlo gremito mi emoziona, mi dà la forza per continuare il mio cammino”.
Massimo diverte e si diverte sul palco, non lascia nulla al caso nemmeno quando scherza con i suoi musicisti e gli spettatori accennando ai suoi esordi teatrali con il maestro Giorgio Strehler costretto a tagliare Brecht a causa della sua difficoltà a recitare nel modo giusto la battuta. E se le parole non bastassero, a creare la magia, ci pensa la meraviglia del disegno luci che illumina e accarezza la platea creando un gioco movimentato di atmosfere, tra bagliori e note, davvero suggestivo soprattutto quando omaggia la tradizione napoletana. Una cavalcata temporale e storica che tocca i capisaldi della musica partenopea con l’omaggio commosso al grande amico Pino Daniele con “Je so’ pazzo”, al ricordo emozionato di Charles Aznavour con “Quel che si dice” a Roberto Murolo con “E allora?”.
Con il suo carisma istrionico, Massimo seduce e travolge Reggio Calabria mostrando un’incredibile forza di chi continua ancora oggi, a sperimentare, a mettersi alla prova sfidando il cambiamento. Massimo ha un grande merito: essere riuscito, in questi anni, a raccontare con musica e parole, storie di coraggio, d’amore e dignità. Il coraggio non degli eroi ma degli antieroi, degli umili, dei vinti. Storie di vite belle, difficili, che però, offrono tanti spunti di riflessione e la spinta giusta per non arrendersi mai alle brutte battute d’arresto che ognuno di noi, in questo lungo viaggio, avrà.