La Consulta Regionale dei Calabresi nel Mondo con tutti i suoi membri nominati, donne e uomini che rappresentano ufficialmente e legalmente il popolo calabrese residente in Calabria, in Italia e quello emigrato in Europa e nei cinque continenti del mondo, intende esprimere, per mezzo di questo comunicato stampa, il proprio vivissimo cordoglio per le vittime di questa immane tragedia del mare, avvenuta sulle coste ioniche crotonesi della nostra amata terra natale. Estendendo le nostre profonde condoglianze e la nostra innata e accogliente vicinanza ai familiari delle vittime, con tutto l’appoggio morale e materiale possibile richiesto, e il concreto e solidale sostegno ai superstiti del naufragio. Le terribili immagini di quanto avvenuto a Cutro hanno fatto il giro del mondo. Negli occhi abbiamo tutti le terribili scene di corpi inanimati e spiaggiati dalle onde, dove galleggiano le parti in legno del relitto, frantumati dalla forza del mare e del destino. A Cutro è annegata di nuovo la speranza, la vita di uomini, donne e piccoli angeli, in fuga dall’indigenza, dalla guerra, dai soprusi. Per la gente di Calabria un disastro umano non può prescindere dall’umanità. Morire indegnamente nel nostro mare, un mare culla di ogni civiltà che diviene cimitero, nel terrore dei sensi, nella desolazione più nera, nel buio di una notte tempestosa di fine febbraio del 2023. E’ qualcosa che ci ripugna e rattrista nel profondo. Una parte di noi annega con loro. Nel mediterraneo che è stato il vessillo dello sviluppo umano integrale, un emblema di dignità universale. Non lo accettiamo. Occorre evitare l’uso noncurante della politica della doppia misura che favorisce le povertà e le partenze disperate delle popolazioni migranti del mediterraneo allargato. Appoggiamo i diritti universali delle popolazioni migranti che devono essere garantiti e tutelati come superiore interesse collettivo, perché non manchino e non vengano negati a nessun bambino in nessuna parte del mondo. La tutela integrale degli ultimi, la dignità della povera gente è radicata nelle nostre menti e alberga nei nostri cuori calabresi, insieme al desiderio di cura per gli anziani, per i deboli, per i disabili e per gli oppressi. La reputazione di popolazione tra le più accoglienti al mondo ci appartiene, anche scientificamente, ci riscatta dai lesivi luoghi comuni che subiamo. Questo è il tempo del dolore condiviso, in cui si consegnano a Dio le anime di chi aveva sperato in una vita migliore, fuggendo dalla guerra e dalle sofferenze inflitte da chi all’umanità ha sostituito violenza, barbarie, torture. A chi al bene ha contrapposto il male. Un grande cimitero di anime dove tutti siamo chiamati ad inginocchiarci e chiedere perdono di fronte a ciò che non è più ammissibile, di fronte all’indifferenza,
alla mancanza di una totale volontà da parte delle istituzioni e della politica di gestire la questione con più determinazione. Ma deve essere anche lo stimolo a ripartire. A cambiare le cose. A inseguire la gioia. A rinascere. Perché piangere non basta, vergognarsi non basta, il dolore non basta. Serve una chiara presa di posizione e soluzioni certe da parte di chi, se non segna certo il destino di molte anime, ne determina il futuro, la sopravvivenza, la vita. I calabresi, che vivono in ogni parte del mondo, si stringono attorno al dolore delle famiglie, al pianto di un’intera regione che lavora perché il meglio accada e la giustizia trionfi. Questo dramma ricorda tanti viaggi e situazioni del passato che vari italiani hanno vissuto. Siamo consapevoli (purtroppo), che situazioni simili, di viaggi precari di persone, che per vari motivi non possono o non vogliono restare nei loro paesi, e legittimamente cercano migliori condizioni rispetto a quelle di provenienza in altri posti, continueranno. Chiediamo all’Europa e al nostro paese maggiore concretezza e provvedimenti veloci per scongiurare altre vittime in futuro. Occorre tornare alle certezze. Anche piccole. Le pandemie, le guerre, i cambiamenti climatici, le diseguaglianze economiche, le migrazioni incontrollate di popoli rendono tutto incerto e cupo. Mentre siamo in preghiera per tutti coloro che hanno perso la vita in questa tragedia, ringraziamo le Istituzioni, le Associazioni dei Volontari, la Protezione Civile e le Forze dell’Ordine intervenute senza sosta, per dare sostegno al recupero dei superstiti. Comprendiamo l’impotenza, disarmante, dei soccorritori che vengono travolti, il giorno dopo, da voci esterne “si poteva fare meglio”, “sono arrivati in ritardo”, facile da dire da pensare, ma è l’azione la vera protagonista e si è certi che in terra calabra quegli “angeli del soccorso” non si sono scoraggiati, non hanno indietreggiato, hanno messo la vita di uno sconosciuto avanti alla loro, come sempre. Esterniamo pertanto la nostra viva partecipazione, sia con i nostri sentimenti, sia la disponibilità, eventualmente richiesta, ad un possibile contributo materiale. Noi Calabresi conosciamo cosa vuol dire migrare, cosa vuol dire sacrificio e soprattutto cos’è la sofferenza. In fondo siamo un po’ tutti una fratellanza di profughi e soprattutto emergenze umane che salvate dall’indigenza poi un giorno diventano eccellenze nel mondo, per migliorarlo, tutti insieme, nessuno escluso.