Tre ore fitte di incontri in prefettura con i rappresentanti delle istituzioni e della società “civile e responsabile” della Provincia di Reggio Calabria. Il ministro Maria Elena Boschi insieme al sottosegretario ai Beni culturali Dorina Bianchi ha raccolto le sollecitazioni che in questi giorni sono emerse prepotentemente sia sui social che sul territorio. Due anni di violenze efferate su una minorenne (leggi) a Melito Porto Salvo hanno generato la consapevolezza di quanto sia urgente intervenire sulla formazione dei giovani e sul sostegno dei centri antiviolenza. Il prefetto Michele Di Bari ha raccolto intorno a un tavolo la massima sintesi della società rappresentata da magistrati, esponenti delle forze dell’ordine e delle istituzioni, sindacati e associazioni per isolare iniziative concrete da assumere e poi verificare per contrastare l’insorgere di nuovi casi di violenza o fare emergere casi ulteriori che, è inutile nascondersi, in molti paventano che siano tuttora in corso.
Si parte dalla scuola frequentata dalla ragazza: “Abbiamo deciso di finanziare un centro di ascolto per studenti e studentesse nel liceo Gullì per rompere il muro del silenzio e aiutare chi è vittima di violenza”. Chi subisce violenza deve essere sostenuto e non deve sentirsi ulteriormente discriminato o intimidito: “Devono vergognarsi coloro che compiono le violenze, i responsabili di reati veri e propri”. Ripulire ‘l’acqua sporca subculturale’ in cui chi si macchia di reati terribili trova addirittura giustificazioni e legittimazione in becere frasi tipo “se l’è cercata”.
E’ stata molto ferma la ministra Boschi al termine del lungo incontro in prefettura in cui era presente anche l’arcivescovo Giuseppe Fiorini Morosini, che fin dal primo deflagrare della notizia ha fatto sentire la sua voce per richiamare severamente la società, formata da laici e religiosi, ad assumersi responsabilità dirette e concrete per ristabilire la correttezza dei rapporti di genere.
Educazione al rispetto e alla parità fra i sessi e contrasto ad ogni forma di discriminazione e di violenza, all’interno delle famiglie e delle altre agenzie educative a partire dalla scuola. Queste le linee guida su cui muoversi per recuperare il terreno perduto su cui sono piantate già troppe croci.
Altro punto concreto la “cabina di regia antiviolenza” interistituzionale istituito presso il Consiglio dei ministri che lavorerà permanentemente. Particolare attenzione sarà riservata ai centri antiviolenza per troppo tempo messi all’angolo dalla mancanza di fondi distratti su altri temi evidentemente più caldi.
