di Marina Malara – Con qualche mese in anticipo rispetto alla consuetudine la Direzione Investigativa Antimafia diffonde qualche copia della relazione semestrale 2015 relativa ai mesi tra gennaio e giugno, che il Ministro Degli Interni ha presentato in Parlamento. Una relazione che esamina nel dettaglio la criminalità organizzata e le mafie su tutto il territorio nazionale, ne fa una mappatura, ne illustra le caratteristiche. Un’analisi basata sulle indagini che diventa fondamentale per quell’opera di contrasto che tutte le forze dell’ordine e la magistratura stanno mettendo in campo in maniera sinergica, ottenendo anche ottimi risultati. Riguardo la ‘ndrangheta calabrese emerge che questa ha continuato a proiettare la sua pervasiva azione anche oltre i territori di origine, sia nazionali che esteri. Replica altrove gli assetti organizzativi interni alle cosche creando strutture di base come quelle calabresi, usando il metodo della “colonizzazione”. Si infiltra nell’economia pur mantenendo il ricorso alle azioni violente e attira nella propria sfera soggetti legati all’imprenditoria, alla politica, all’economia e alle istituzioni. Vi è sempre il condizionamento finalizzato alla ricerca del consenso ottenuto sia con l’esercizio della forza sia con l’infiltrazione negli apparati economici e amministrativi. Le inchieste portate avanti nel primo semestre del 2015 hanno confermato la capacità della ‘ndrangheta di intessere profonde relazioni con la cosiddetta Zona Grigia, area istituzionale articolata dove operano, accanto a soggetti economici, vessati o collusi, anche soggetti amministrativi burocratici statali e locali. “La ‘ndrangheta, dice la relazione, ha progressivamente ampliato lo spettro delle proprie attività criminali, affiancando ai reati contro il patrimonio ed in materia di armi, all’usura, all’estorsione, all’intestazione fittizia di beni, all’infiltrazione nei pubblici appalti, al riciclaggio ed al reimpiego di denaro – anche accompagnati da azioni omicide – il traffico di stupefacenti, che rimane la principale fonte di finanziamento”. Secondo le statistiche, infatti, si segnala un incremento del traffico di sostanze stupefacenti così come per il reato di riciclaggio ed impiego di denaro e beni di provenienza illecita. In leggera diminuzione i reati di associazione mafiosa e per delinquere, omicidi estorsioni e rapine. L’usura resta invariata. E poi c’è il condizionamento della Cosa Pubblica che trova conferma nel commissariamento in corso in 9 comuni calabresi nei primi 6 mesi 2015 (Taurianova, Africo, San Ferdinando, Bovalino, Bagnara Calabra a RC, Ricadi a Vibo, Badolato a Cz, Scalea a Cs, Sedriano a Milano. Aggiungiamo Rosarno per la dimissione di oltre metà dei consiglieri mentre a Platì vi è ancora un commissario prefettizio perché nessuna lista si è presentata alle elezioni di maggio 2015. A San Luca c’è anche il commissario perché non si è raggiunto il quorum. In virtù di tutto questo la ‘ndrangheta rappresenta un forte fattore frenante per lo sviluppo economico e sociale calabrese. Adesso potrebbe estendere i propri interessi anche ad ambiti a forte impatto sociale, compreso il terzo settore, come le energie alternative, associazioni sportive, riqualificazione urbana, l’accordo di programma su Gioia Tauro, procedure concorsuali e tanto altro ancora. Nella relazione della Dia vi è poi una descrizione delle caratteristiche della’ndrangheta di ogni singola provincia. Tra queste spicca quella reggina dove si registra ovviamente la pervasiva presenza della criminalità di matrice ‘ndranghetista, che si caratterizza per una riconosciuta capacità di “fare sistema”, intaccando trasversalmente i processi di sviluppo del territorio, collegati sia la mondo imprenditoriale che a quello istituzionale. La struttura vede sempre al vertice l’organismo denominato “Crimine o Provincia”, la cui operatività passa per una gerarchia articolata in locali e ‘ndrine, operanti su tre macroaree: Reggio centro; la Piana; e la fascia ionica (la Montagna). Una cartina geografica molto precisa indica le aree della città e i nomi delle cosche che vi dominerebbero: De Stefano (centro storico, Archi e Santa Caterina); Condello (Archi); Libri (Centro, Cannavò, Mosorrofa, Spirito Santo e Trabocchetto); Tegano (centro, Archi, Tremulini, Santa Caterina). Poi ci sono le altre consorterie che partono dai Fontana di Archi e arrivano fino ai Serranò Musolino di S’Alessio in Aspromonte, passando per una trentina di clan tra cui Lo Giudice (Pianeta Zerbi, San Brunello, Santa Caterina) e Labate( Gebbione, rione Ferrovieri, Sbarre e Stadio).