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    ‘Ndrangheta – Senza uomini non si vincono le guerre: Dda di Catanzaro un anno operoso, ma in affanno

    di Clara Varano – Parlare di carenza di organico è riduttivo. Sei magistrati, solo sei, che conducono indagini, che gestiscono e affrontano processi in tutto il territorio che comprende il “dominio” della Dda di Catanzaro, non sono pochi, sono “ridicoli”, dal punto di vista di forze in campo contro la criminalità organizzata. E ridicolo è chi avrebbe già da tempo dovuto almeno raddoppiare questo numero.

    Si parla di mille, ben mille dibattimenti in tribunale, coordinati prima nelle fase investigativa e poi in quella dibattimentale dai sostituti procuratori della Dda catanzarese e che si spartiscono una torta non proprio piccolissima. Parliamo del territorio che va da Cosenza, dall’ultimo comune salendo verso Nord, a Vibo, ultimo comune scendendo a Sud, passando per Crotone e Catanzaro, fino a Guardavalle, là dove territorialmente si estende la longa manus delle cosce reggine, sempre però, in Guardavalle, competenza di Catanzaro.

    “Si tratta – sottolinea il procuratore aggiunto alla Dda di Catanzaro Vincenzo Luberto – di un numero esiguo di uomini che fronteggia in ogni modo possibile la criminalità organizzata ottenendo un successo insperato considerando la carenza di organico”.
    Un bilancio, quello tratteggiato da Luberto, che parla di numeri, operazioni, sequestri, arresti, confische, traffici vari, della ‘ndrangheta, in un’unica espressione, ma più di altro parla delle assenze. Le assenze dei magistrati che dovrebbero esserci e non ci sono.
    “Parliamo – chiarisce il procuratore – di zone come Lamezia, gestita con sacrificio inenarrabile vista la presenza radicata di cosche come quella dei Giampà e dei Torcasio che comunque siamo riusciti ad arginare con numerose operazione, per citarne alcune ‘Medusa’ e ‘Perseo’, non ultima ‘Dirty Soccer’, ma se analizziamo tutto il territorio di nostra competenza, non sfugge che Vibo ha in ogni frazione piccole cosche che gestiscono le attività criminali che fanno capo a quelle più note. Anche lì la nostra attività è stata determinante e parliamo sempre di un uomo solo a gestire tutto. La situazione non cambia a Cosenza e Crotone, dove ci si divide tra Paola e Castrovillari con il clan Rango-Zingari, e dove siamo riusciti con la nostra attività a svelare le ramificazioni nazionali del clan Grande-Aracri che ha portato all’operazione Aemilia. Infine Catanzaro, che non è un’isola felice come tutti vogliono far credere o come si potrebbe pensare. Pure qui la ‘ndrangheta è permeata notevolmente”.
    “Se la ‘ndrangheta, quindi – conclude il procuratore – è il nemico numero uno, come dicono, non è così che si combatte. Le forze sono insufficienti perché si finisce per trascurare delle situazioni che possono essere importantissime. Lo sforzo della Procura è notevole, ma potrebbe alla lunga non bastare, per questo ribadiamo che serve un incremento di organico”.