di Stefano Perri – La ‘ndrangheta in affari anche in Germania. Il Procuratore capo Cafiero De Raho e l’aggiunto Nicola Gratteri parlano di una ”straordinaria capacità di riproduzione”. Le locali tedesche nascevano e si sviluppavano con le stesse modalità di quelle calabresi. E pur mantenendo una certa autonomia sulle decisioni locali, non trascuravano mai i collegamenti con la Calabria, riconoscendo nel capocrimine Mico Oppedisano il riferimento primo per il loro riconoscimento all’interno dell’organizzazione.
In totale sono dieci le persone raggiunte dall’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Gip del Tribunale di Reggio Calabria su richiesta della Dda reggina. Le dieci persone sono accusate di aver formato in Germania, esattamente nelle cittadine di Singen, Rielasingen, Ravensburg ed Engen, a pochi passi dal lago di Costanza quasi al confine con la Svizzera, delle locali di ‘ndrangheta che rispondevano al Crimine di Rosarno.
L’attività d’indagine – Le indagini, avviate nel gennaio del 2012, sono la naturale prosecuzione dell’operazione Helvetia, condotta sempre dai Carabinieri di Reggio Calabria, sulla presenza di alcuni esponenti della ‘ndrangheta in Svizzera. Il quadro ricostruito dagli investigatori parte dalle tracce raccolte nell’ambito delle indagini “Crimine”, “Santa” e “Capodue”, queste ultime due svolte rispettivamente in Germania e Svizzera ed acquisite con rogatorie internazionali dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria.
Proprio partendo dalle prime risultanze investigative i magistrati della Dda reggina, in collaborazione con la magistratura e le forze di polizia tedesche, sono riusciti a ricostruire l’organigramma delle ‘ndrine dell’area, approfondendo il rapporto che le legava al Crimine reggino.
In particolare, le indagini hanno consentito di accertare che nella città tedesca di Singen, posta al confine con la Svizzera, era attivo un “locale” di ‘ndrangheta capeggiato sino da Bruno Nesci, in stretto collegamento con la “società” di Rosarno e il “crimine” di San Luca, in forte contrasto con il “locale” svizzero di Fraeunfeld, capeggiato da Antonio Nesci.
L’attività investigativa ha consentito di ricostruire l’articolazione tedesca delle ‘ndrine, individuando i ruoli degli associati, le cariche all’interno dell’organizzazione e soprattutto di verificarne la dipendenza dal “Crimine” calabrese, per il tramite di Bruno Nesci, la cui figura era stata riconosciuta sia in Calabria, ove era “accreditato” presso il “Crimine” per il tramite del capocrimine Domenico Oppedisano, sia in Germania. Significativa della funzione baricentrica di Bruno Nesci erano poi i contatti pregressi, già registrati durante l’indagine “Il Crimine” dalla quale era emerso il suo ruolo apicale, accertato anche in conseguenza all’assidua frequentazione con Oppedisano, dal quale Nesci si era recato diverse volte, in qualità di rappresentante e referente delle locali radicate in Germania.
L’organigramma tedesco – A capo dell’organizzazione c’era Antonio Critelli, che rivestiva la funzione di capo del locale di Rielasingen. A fianco a lui operava Mimmo Nesci, classe 68, con la funzione di “vice” capo locale del locale di Rielasingen. Salvatore Cirillo era invece ”mastro di giornata” mentre Achille Primerano, in qualità di appartenente alla locale, era in grado di conferire cariche e doti. Alla ‘ndrina erano affiliati Raffaele Nesci, Domenico Nesci detto Micuzzo, Vittorio Ienco e Raffaele Giacomini. A loro era demandato il compito di assicurare le comunicazioni tra gli associati, partecipando alle riunioni ed eseguendo le direttive dei vertici della associazione, secondo le gerarchie e le regole interne al sodalizio. Raffaele Primerano e Maria Giovanna Nesci, detta Giannina, erano invece i riferimenti calabresi della cosca. Svolgevano un ruolo nelle dinamiche tra la locale di Rielasingen, la locale di Frauenfeld e la locale di Singen, scambiando comunicazioni su importanti questioni associative con i principali esponenti delle tre locali.
Le radici in Calabria – Le investigazioni hanno contribuito a fornire una sostanziale conferma all’esportazione del modello ‘ndranghetistico in altre nazioni. L’organizzazione era stata infatti, “clonata” realizzando una struttura analoga a quella tradizionalmente tipica del territorio calabrese, con evidenti stretti legami di dipendenza con l’organismo di vertice in Calabria, pur conservando una certa autonomia, relativamente alle classiche forme di manifestazione mafiosa, al punto che una delle estrinsecazioni più tangibili dell’esistenza stessa di cellule associative, l’esistenza delle “locali” e delle “società” e il cursus honorum all’interno di queste, necessitano del riconoscimento e del beneplacito degli organi direttivi centrali calabresi.
Nel corso dell’operazione sono stati impiegati oltre 50 Carabinieri del Comando Provinciale di Reggio Calabria, supportati dai militari dello Squadrone Eliportato Cacciatori e dell’8° Nucleo Elicotteri, mentre in Germania l’esecuzione è stata curata dalla polizia del Land (LKA) Baden-Württemberg supportata da unità della polizia antisommossa per il rilevamento di oggetti di prova con un dispiego di forze di circa 200 uomini.
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