• GRATTERI E DE RAHO

    L’allarme di Gratteri e Cafiero de Raho: nessuno tocchi il 41 bis

    di Stefano Perri – Nessuno tocchi il 41 bis. E’ l’urlo che si solleva dalla Procura di Reggio Calabria. I boss continuano a gestire le cosche, ad impartire direttive sulle gerarchie e gli interessi economici, pur da detenuti in regime di carcere duro. Figuriamoci cosa accadrebbe se venisse in qualche modo depenalizzato. A parlarne sono due trai più autorevoli esponenti della procura reggina: l’aggiunto Nicola Gratteri e il Procuratore Capo Federico Cafiero de Raho.

    L’operazione condotta stamani dalla Guardia di Finanza su alcuni esponenti della cosca Commisso di Siderno è l’ennesima dimostrazione di come i boss continuino, pur in regime di detenzione, ad impartire ordine e disposizioni ai clan, sopratutto per mezzo dei familiari. E’ il caso ad esempio del 59enne Antonio Commisso, detto ”l’avvocato”, considerato uno dei capi dello storico sodalizio criminale di Siderno. Le carte dell’indagine che questa mattina ha portato alla sbarra 18 soggetti a vario titolo legati alla cosca del mandamento ionico parlano chiaro: il boss pianificava e definiva le decisioni più rilevanti e le strategie criminali del gruppo attraverso il fratello Giuseppe Commisso, detto ”il mastro”, che lo informava costantemente di ciò che avveniva all’esterno. E sempre nell’ambito dell’odierna operazione gli inquirenti hanno accertato anche il ruolo di Santo Rumbo, giovane rampollo della cosca, che mentre il padre era detenuto si occupava per conto dell’organizzazione dell’esercizio abusivo del credito e dell’usura, ricevendo direttive direttamente dal padre ed informandolo di tutte le evoluzioni più determinanti nelle dinamiche criminali del gruppo.
    Circostanze inaccettabili, certamente frustranti per gli apparati giudiziari responsabili della repressione del fenomeno mafioso. Anni di indagini molto spesso vanificati dalla possibilità per i boss, di continuare a detenere il loro ruolo egemone sul territorio, nonostante il regime di detenzione.

    ”La Commissione Manconi in parlamento chiede di ammorbidire il regime di 41 bis – ha commentato il Procuratore Aggiunti Nicola Gratteri – ma è bene ricordare che se i detenuti sono sottoposti al carcere duro è perché hanno ucciso, perché sono i capi delle organizzazioni criminali. Dobbiamo capire se è più importante tutelare i diritti di una minoranza che sta dentro il carcere o tutelare la sicurezza di tutti quelli fuori”.

    Un richiamo al quale si unisce l’allarme lanciato dal Capo della Procura reggina Cafiero de Raho. Per lui ”non si può giustificare la necessità di depenalizzare il regime del carcere duro con la difficoltà di reperire strutture adeguate. Se le carceri non ci sono costruiamone di nuove – ha spiegato Cafiero de Raho – altrimenti riapriamo quelle che c’erano. Certo momenti di socialità non possono essere assolutamente negati anche ai criminali, ma io penso che qualsiasi intervento normativo di questo tipo, così come quello sul regime di custodia cautelare, va assolutamente parametrato alle esigenze del territorio. Per reati di tipo mafioso – ha aggiunto il Procuratore – non si può assolutamente fare passi indietro. Cosa diversa è invece per altri tipi di reato, sui quali è possibile porre il problema. Oggi assistiamo ad una netta divaricazione tra le analisi sul sistema giudiziario: c’è chi chiede maggiori strumenti per interventi più incisivi e chi dall’altra parte chiede quasi un ridimensionamento. Io penso queste due spinte vadano in qualche modo conciliare. E ad interpretarle non può che essere il giudice, che valuta il contesto territoriale sul quale vanno ad applicarsi”.