Gli arresti di oggi, avenuti a Cosenza, hanno portato gli inquirenti a ricostruire le attività criminose nel cosentino dopo i vari arresti degli anni precedenti che hanno messo in ginocchio di diversi clan locali. Maurizio Rango, infatti, avrebbe preso le redini in mano delle varie attività illegali, dopo la scomparsa, che si ritiene una ‘lupara bianca’ e la morte dei fratelli Luca e Michele Bruni, con lui Franco Bruzzese, Ettore Sottile, Luciano Impieri, Adolfo Foggetti, Daniele Lamanna, Antonio Abbruzzese, Gennaro Presta, Celestino Bevilacqua, Rocco Bevacqua, Attilio Chianello, Antonio Imbroinise, Luca Maddalena, Mario Perri, Andrea Greco e Domenico Cafiero (GUARDA QUI TUTTI GLI ARRESTATI), tutti accusati, secondo quanto emerge dall’ordinanza, di “aver costituito e partecipato all’associazione a delinquere di tipo mafioso armata, organizzata attiva in Cosenza e nei comuni viciniori, denominata “RANGO-ZINGARI”, al cui vertice si pone come “capo società” RANGO Maurizio”. La cosca sarebbe “composta da più persone” ed avrebbe “stretto un patto federativo con gli altri due sodalizi criminali di tipo mafioso denominati “Lanzino-Patitucci” e “Perna-Cicero-Musacco-Castiglia”, anch’essi operanti in Cosenza e nei comuni limitrofi”. L’associazione secondo quanto riportato nell’ordinanza “si avvale della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva per commettere delitti, per acquisire in modo diretto o indiretto la gestione o comunque il controllo di attività economiche, di appalti pubblici, dell’occupazione abusiva di alloggi popolari onde rivenderli, e per realizzare comunque profitti o vantaggi ingiusti per sé e per altri, in Cosenza e nei comuni limitrofi, con un capillare controllo del territorio. Associazione i cui partecipanti hanno la disponibilità di armi impiegate per il conseguimento delle finalità dell’associazione medesima, ed in specie attiva nella consumazione di reati estorsivi rientranti nella consumazione delle estorsioni, per come descritto nei capi di imputazione che seguono, nel programma criminoso dell’associazione, anche mediante attività di agevolazione e comunque predisposizione dei mezzi attuativi”.
Estorsione, dunque, della quale, spiegano gli inquirenti durante la conferenza tenuta oggi a Catanzaro, presso la Dda del capoluogo, non c’è mai stata una reale denuncia. “Questo – chiariscono – avvalora la forza intimidatoria dei clan, tale da inginocchiare le vittime e farle atacere anche davanti alla pressione delle forze dell’ordine”.
(Cla.Va.)