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    Reggio, il nuovo obiettivo della Provincia: pari opportunità anche in carcere

    di Domenico Grillone – 
    Presentati stamane i nuovi progetti della Provincia per l’inserimento lavorativo dei detenuti.

    L’ente Provincia porta la formazione professionale nelle carceri del reggino. Da un primo corso di falegnameria rivolto ai detenuti della casa circondariale di Oppido Mamertina adesso si è passati ad una serie di corsi, della durata di un minimo di 60 fino ad un massimo di 400 ore, che interesseranno tutte le case circondariali della provincia reggina. In particolare si è programmato un corso di informatica (Laureana, Reggio e Palmi), quello per tecnico di refrigerazione (Laureana, Palmi e Reggio), somministrazione alimenti e bevande (Palmi) e per le donne un corso di sartoria. (Reggio ed Arghillà). Al termine dei corsi verranno rilasciati degli attestati di frequenza o di qualifica, secondo le caratteristiche della formazione. I docenti saranno tutti interni all’ente Provincia. Ad illustrare il programma di formazione professionale sono intervenuti, nel corso della conferenza stampa svoltasi nel salone dell’ente provinciale, la consigliera di parità Daniela De Blasio assieme all’assessore provinciale alla Formazione professionale Giovanni Arruzzolo, al vicepresidente del consiglio Giuseppe Saletta, al dirigente alla Formazione Francesco Macheda ed ai direttori delle carceri del reggino. “Il nostro compito è quello di dare l’opportunità di inserimento lavorativo a queste persone affinché non ricadano negli errori del passato” esordisce l’assessore Arruzzolo sottolineando nel contempo il prezioso lavoro dell’intera squadra provinciale che è riuscita a concretizzare, dopo un monitoraggio condotto in tutte le strutture penitenziarie, un progetto portato avanti da diversi mesi e caratterizzato da una intensa attività. Si è trattato di un lavoro sinergico, così come sottolineato dal vicepresidente Giuseppe Saletta, che alla fine pone, sotto l’aspetto della formazione, le carceri della provincia reggina al pari degli altri istituti penitenziari italiani. Per il direttore del carcere di Palmi, Romolo Pani, si tratta di iniziative di fondamentale importanza. “In realtà il penitenziario ha bisogno di un sostegno degli enti che rappresentano il territorio – spiega il direttore – perché se il tempo della detenzione deve essere utile a restituire delle persone nuove alla società, si comprende bene come l’aspetto della formazione professionale, così come quello del lavoro o della scuola, rappresenti un momento importante. Per Palmi si tratta di una nuova opportunità e riteniamo che l’iniziativa sia molto gradita dai detenuti dal momento che l’adesione si è rivelata massiccia”. Non tutti i detenuti saranno accontentati nella loro richiesta di partecipazione ma sarà coinvolto il maggior numero possibile attraverso una particolare selezione che terrà conto di determinati parametri. Per il carcere di Laureana di Borrello non si tratta di una novità dal momento che, così come affermato dalla direttrice Angela Marcello, si sono già svolti in tempi recenti dei corsi di formazione (14 detenuti conseguiranno a breve la qualifica di falegnami). “Abbiamo puntato molto su questo tipo di progetti, i più richiesti dai detenuti perché danno più immediata spendibilità sul mercato del lavoro. Interessante anche la produzione di manufatti in vetro-resina, portata avanti da una cooperativa, per i quali si spera a breve di aderire alle commesse esterne di privati. E poi le serre e l’attività interna gestita da un nostro agronomo che dovrebbe contribuire ad avviare l’iniziativa del progetto sul crisantemo. Insomma, qui la progettualità è forte e contiamo molto su questo tipo di attività sostenute dalla Provincia”. Sulla stessa lunghezza d’onda la direttrice del carcere reggino, Maria Carmela Longo, pronta ad evidenziare il fatto che “recuperare vale la pena, perché consente di liberare questo territorio da quelle maglie che lo pongono sempre agli ultimi posti in classifica. Se l’investimento sulla formazione rappresenta un valore apprezzabile, lo acquista ancora di più nella misura in cui l’investimento viene fatto sulla formazione professionale dei detenuti. Perché questo consente di acquisire un titolo qualificante per potersi immettere in un mercato del lavoro, in crisi, che richiede sempre nuove competenze. E non essere, quindi, costretti a bussare alle porte sbagliate”. Una ottima iniziativa, quella della formazione professionale rivolta ai detenuti, che stride un po’ con il fermo, ormai da circa sei anni, del laboratorio del marmo, all’interno del carcere di Via san Pietro. “Sono state tante le difficoltà – spiega la direttrice Longo – a partire da quella di reperire un imprenditore che si assumesse l’onere di un lavoro così complesso, compreso l’assunzione dei detenuti. E l’idea di un bando nazionale per assumere la gestione del laboratorio non risulta conveniente perché il mercato del marmo è sceso a livelli molto bassi”. L’unica soluzione potrebbe essere una riconversione del laboratorio ma è una idea per la quale ci si dovrebbe sedere attorno ad un tavolo e trovare la soluzione migliore.